Lo sguardo della più bella gioventù
Foto, video, installazioni, sculture e, a sorpresa, una forte presenza di dipinti.A sorpresa perché la tecnica d’arte più tradizionale, che qualcuno aveva dato per morta, si sta ripresentando come un ritorno sempre più massiccio. A proposito e a sproposito si è fatta morire l’arte, e in particolar modo la pittura, ma sulle proprie ceneri riecco il dipinto, più vivo che mai. Inutile cercare un filo che ci guidi nelle sale della Promotrice delle Belle Arti di Torino; la Quadriennale si propone come una rassegna, non come una mostra. Giovani artisti; qualcuno giovane secondo l’anagrafe, tutti, relativamente all’iscrizione nei grandi circuiti artistici. È quindi scandagliata la sensibilità dell’arte militante che con una grande varietà di tecniche, temi e motivazioni, restituisce una lettura del nostro tempo. Inestricabile; il titolo dell’opera di Luca Matti sembra dire già tutto,ma non esaurisce la scena che si svolge sotto i nostri occhi: sulla tela un uomo che tende le mani intrappolate da lunghi fili neri. Nel video lo stesso personaggio del dipinto si arrovella fino ad essere completamente inghiottito dalla matassa di fili. Il significato riecheggia e si sublima nella grande ragnatela di Antonia Ciampi: una tessitura di lavoro e di poesia che non viene rappresentata ma realmente presentata. Una rugiada di cristallo ne riveste la trama che brilla sulle pareti inondate di luce cangiante. Repentinamente lo scintillare algido della ragnatela svanisce; vediamo solo la sua ombra; c’è ma non si vede, appare e scompare, quasi la bellezza sia troppa, anzi, sia troppo, per essere guardata direttamente. Giochi di ombre che si sdoppiano anche nel quadro di Marco Giovani; la presenza e l’assenza dell’oggetto sono intrappolate in un’ombra che si dà come una realtà sempre più ambigua e che poggia contemporaneamente su due piani paralleli. Mara Festari affida ad una farfalla il compito di sciogliere l’indice di ambiguità: le ombre provengono dal nostro spazio, non stanno al di là del quadro; e ci si ritrova a sorpresa come i referenti immediati di quel- le sagome scure che ritagliano manichini sul dipinto. Ed è ancora l’ombra a dominare l’opera di Manfredini: un Tentativo d’esistenza, un emergere dall’ombra, dal buio; il corpo dell’artista si strappa dal nulla per essere. Un odierno tentativo di liberazione che fa rivivere lo struggimento del san Matteo di Michelangelo mentre affiora faticosamente dal marmo. Questo struggente grido esistenziale sembra fare a cazzotti con il freddo computer appeso alla parete dagli 0100101110101101.org.L’asettico nome spetta ad un autore che non si chiede nemmeno se si è artisti o no,e in fondo, chi glielo chiede? Titolo: Macchina perpetua Auto dis/infettante; scopo: attivare virus e antivirus informatici a ciclo continuo; una metafora dell’autodistruzione e dell’autodeterminazione. Altro artista che pone dinanzi a noi un’immagine a mo’ di sineddoche sensoriale è Alessandra Guolla: le gigantografie di escrescenze e rientranze di un pomodoro in fase di decadenza diventano lesioni interne; il referente di queste lesioni sembra andare ben al di là del vegetale, quasi a sondare e a denunciare i traumi interni del corpo, della mente, e di quell’anima che la stessa arte dovrebbe elevare. Al termine della maratona estetica ci si sente un po’ come le sculture di Alex Pinna: un fascio di corde e di legami; un po’ stanchi, un po’ fermi a prendere il fiato, e un po’ Aliasliberatutti, come recita il titolo. Anche qui, come altrove, basta l’intento e lo sforzo di uno o di pochi per liberare tutti come nei giochi dei bambini, come nei film dei grandi, come in una storia dove l’azione di un uomo riscatta quelle di tutti gli altri. Così sembra anche per questi artisti appena emersi; basta la forza di un’opera, la leggerezza o la semplice bellezza di un’altra per rileggere in modo nuovo tutto il panorama. Un solo lavoro ci tocca dentro ed eccoci dotati di un occhio sensibile, capace di vedere oltre ciò che si vede, oltre ciò che si tocca. L’opera di Anna Rossi racconta i suoi sogni e i suoi incubi, riportati con tanto di data e di schemi illustrativi. Chi può dire se questi siano reali o meno? Ed è più vero questo sogno o quell’incubo? Questi giovani artisti ce lo insegnano: è tutto e solo una questione di sguardo.