Lo scont(r)o sui libri
La proposta di legge Levi, che regolamenta il prezzo dei libri, all’esame del Parlamento. Ne parliamo con Paolo Friso, responsabile vendite di Città Nuova
Modello francese o tedesco? O meglio ancora: inglese o spagnolo? Da molti mesi ormai, sembra essere stato questo il dibattito che ha animato i convegni di varie fiere del libro, organizzati da associazioni di librai e editori indipendenti, sulla spinosa questione degli sconti. Il problema è che in Italia da sempre manca una legge che regoli il prezzo di copertina e i periodi per le campagne promozionali. Tutto ciò ha generato nel tempo un regime di sconti selvaggi che ha favorito di gran lunga le grandi case editrici e gli ipermercati, e condannato il resto della produzione libraria e dei librai qualificati.
A questo proposito, mercoledì sarà al vaglio della Camera un disegno di legge proposto dall’on. Ricky Levi che, ispirandosi al modello francese, fissa un vincolo di sconto pari al 15 per cento, senza però prevedere alcuna limitazione alle campagne promozionali, aperte undici mesi l’anno − per un lasso di tempo non superiore ad un mese con l’esclusione di dicembre −. Le uniche eccezioni riguarderanno i libri venduti per corrispondenza o durante periodi particolari quali manifestazioni locali o internazionali; in tal caso lo sconto praticato potrà raggiungere il 20 per cento.
Grosse perplessità sul disegno di legge, provengono non solo dalle associazioni di categoria quali l’Aie e l’Ali, ma soprattutto dai gruppi di editori e librai indipendenti, firmatari di una lettera in cui spiegano che così «vengano favoriti ancora una volta i più forti, mentre nel resto dell’Europa le cose funzionano diversamente».
Facciamo il punto della situazione con Paolo Friso, responsabile dell’ufficio vendite di Città Nuova.
Qualche dato sull’attuale situazione del mercato della piccola e media editoria
«Ad oggi sono più di 5 mila gli editori che pubblicano libri in lingua italiana. Molte di queste aziende sono composte da un numero ristretto di operatori, legati insieme ad un’unica proposta culturale. E ancora, sono circa 60 mila le novità editoriali che ogni anno si affacciano sul mercato, ma molte di queste non riescono nemmeno ad arrivare in libreria. È questo l’humus culturale del nostro Paese che però, oggi, deve sempre di più fare i conti col concentrarsi del mercato in poche mani».
In cosa questa proposta di legge sembra disattendere gli editori e i librai indipendenti?
«La proposta che sta approdando in questi giorni alla Camera è frutto di un compromesso fra più interessi “forti”: stabilisce sì un tetto di sconto, ma troppo alto; restringe il periodo per le offerte speciali, ma lo prevede per undici mesi su dodici. Insomma, un gran pasticcio. I modelli ai quali riferirsi erano fondamentalmente due: l’anglosassone (sconto libero) e il tedesco (sconto zero). La proposta di legge ora al vaglio della Camera invece rivela un “sistema cerchiobottista”, che genera di fatto un Far-west commerciale».
Quali le conseguenze a breve e a lungo termine, con il vincolo del 15 per cento, per la piccola e media editoria?
«La norma in esame finirebbe col favorire l’industria dell’entertainment non l’editoria. Basti pensare che a legge approvata il famoso tetto di sconto non si applicherebbe ai libri pubblicati da almeno venti mesi… Come dire, più o meno, i diciannove ventesimi della proposta editoriale di Città Nuova! Ciò comporterebbe un’impennata in termini di guadagno per l’ultimo best-seller americano e una ricaduta per gli editori che vivono del proprio catalogo».
Un tetto del 15 cento di sconto sulle novità, spingerebbe gli editori ad aumentare da subito il prezzo del libro…
«In realtà la riduzione di margine colpirebbe gli editori solo in seconda battuta. I primi a patirne le conseguenze sarebbero i librai indipendenti e gli agenti che, con fatica, svolgono il ruolo degli operatori culturali, proponendo titoli ed autori al di fuori dei 100 titoli che sono in classifica. Di riflesso poi gli editori “di proposta”, che avrebbero meno spazio per i propri libri, e infine i lettori che, letti i 100 titoli in classifica, si ritroverebbero “al buio”».
Quale sarebbe stata la soluzione migliore
«Città Nuova, come tutti gli editori e i librai indipendenti che nel catalogo hanno il proprio “tesoro”, avrebbero preferito una soluzione più vicina al modello tedesco con un prezzo di copertina fisso che non prevede la possibilità di sconto. Si sarebbe generata così, una filiera “pulita” che avrebbe prodotto un prezzo di copertina più basso con beneficio finale del consumatore finale, cioè del lettore».
Quali le prospettive future per Città Nuova se la proposta di legge seguisse il suo iter legislativo?
«Non si può non riconoscere che il mercato e la prospettiva economica per i piccoli e medi editori si faccia sempre più difficile. Noi di Città Nuova, però, continueremo a fare la nostra parte, proponendo un’editoria di qualità a prezzi concorrenziali e continuando a puntare alla capillarità che da sempre rappresenta la nostra bandiera commerciale».