Lo scioglimento dei Pooh

I Pooh, una delle istituzioni più longeve ed amate del pop italiano hanno annunciato il loro scioglimento. Il prossimo anno, in concomitanza col cinquantesimo anniversario del loro esordio, l’addio sarà suggellato da una serie di eventi. Nel segno di un ultimo slogan: “amici per sempre”
Pooh

C’è gente che proprio non ce la fa.

Ci provano, a volte ci riprovano anche, ma proprio non ci riescono. Popstar, in genere: che proprio non riescono a fare a meno dei palchi, dell’adrenalina da tour, dell’affetto urlante e adorante dei fans, e anche di ammorbare i meno affezionati con valanghe di antologie, riedizioni rimasterizzate, duetti, inediti riesumati dagli archivi, e quant’altro serva a dar loro parvenze di creatività. Così la loro carriera tramonta in una sequela d’addii rimangiati e di clamorose reunion, di memorabili ultimi concerti che non sempre ultimi lo sono davvero. I Pooh non sono certo i primi e nemmeno gli ultimi a rimangiarsi le promesse (o le minacce, a seconda dei gusti).

Il fatto è che il loro marchio è ancora una notevole macchina da soldi (e non c’è niente di male, visto che la benzina è l’affetto sincero dei fans). Sicché, con l’occasione dei 50esimo (!) anniversario della loro fondazione, Canzian e soci han deciso di ridiscendere in pista per un’ ultima volta.  Con una sorpresa: sul palco tornerà anche uno dei membri primigeni della band, Riccardo Fogli; mancherà all’appello solo Valerio Negrini co-fondatore e indimenticato paroliere del gruppo, scomparso due anni fa. Non solo: ci sarà anche una nuova versione della classicissima Pensiero già in rotazione radiofonica per far montare la panna… Poi arriveranno i concerti negli stadi (a San Siro il 10 giugno, e all’Olimpico il 15) e due non meglio identificate “Reunion – L’ultima notte insieme”, e poi edizioni limitate e autografate in vinile dei loro successi e chissà cos’altro per continuare a spremere la stagionata gallinella dalle uova d’oro, e dal brodo sempre uguale, ma ancora in grado di solluccherare gli amatori.

Più di cento milioni di dischi venduti, una messe di premi, pagine importanti nell’ambito del pop nostrano, e le imminenti nozze d’oro: insomma la rimpatriata s’annuncia fin d’ora un appuntamento imperdibile, almeno per milioni di inguaribili aficionados.

Detto questo, continuo a restare perplesso. Perché francamente sono stufo di parlare e scrivere di ciò che in gergo si chiama fuffa, per giunta spacciata per Evento.

D’altra parte mica è facile sparire, se non sei Salinger. O se non decidi di chiuderla tu, come i tanti Kurt Cobain della storia. L’alternativa è appunto rassegnarsi a sopravvivere al proprio mito: chi come i succitati, replicando all’infinito il proprio epitaffio, chi sfornando dischi uno uguale all’altro, chi riducendosi a rastrellare denaro senza troppa fatica: non solo vecchie glorie imbolsite aggrappate alle loro perdute gioventù, ma anche, come è successo di recente al vate De Gregori, a duettare – lui un tempo spocchioso quant’altri mai – con il Volo, ovvero la perfetta antitesi di ciò che di lui i suoi vecchi fans adoravano.

Così è, miei cari. E così presumibilmente continuerà ad essere. Non c’è nemmeno bisogno che qualche ragazzino salti fuori urlando che “il re è nudo”: lo sappiamo tutti, e a molti, evidentemente, va bene così.

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