Lo scandalo è servito
Cosa ci insegna la nuova campagna pubblicitaria di una nota azienda italiana di abbigliamento.
«Come sarebbe bello se ci amassimo l’un l’altro!». «Ma, se il Papa ama tutti, non dovrebbe amare anche i gay? E, magari, baciare i leader di altre religioni?». Alle prime, indignate, reazioni, l’azienda Benetton ha annunciato pubblicamente l’immediato ritiro della pubblicità Unhate (non odio) che mostrava, attraverso fotomontaggi, il bacio tra il papa e un imam, lasciando, però, i baci tra importanti capi di Stato.
La pubblicità Benetton è una splendida opportunità per capire come funziona il linguaggio della comunicazione, che sorvola la nostra naturale propensione a leggere i linguaggi attraverso la sfera razionale, parlando direttamente – spesso a nostra insaputa – alla sfera emotiva.
Perché, la superficie razionale (non odio) non è mai – tranne in casi eccezionali – il messaggio principale, né ciò che “muoverà” i nostri comportamenti.
Il messaggio emotivo (in questo caso) è trasmesso nel modo in cui le persone interagiscono. Il bacio omosessuale in bocca, in questo particolare momento storico, viene percepito, dalla nostra sfera emotiva, come un inno alla trasgressione. Utilizzando testimonial noti per la loro credibilità sociale e valoriale.
Il trucco utilizzato è sempre il solito: proporre un linguaggio emotivo (vincente) e spiegarlo attraverso i codici razionali, irrilevanti nella comunicazione. In questo caso l’indignazione tout-court servirà a poco, se non sarà accompagnata da una corretta spiegazione del motivo per il quale la nostra mente tende a aderire alla spiegazione razionale di Benetton (non odio) e il nostro cuore si sente ferito.
«Il cuore ha ragioni che la ragione non conosce», diceva Blaise Pascal. Non possiamo sconfiggere un potente linguaggio emotivo con una semplice argomentazione razionale.
Le dichiarazioni “sconcertate” del vicepresidente Alessandro Benetton – che ha spiegato così la scelta di pianificare questa
campagna: «Ogni nazione ha sensibilità e sistemi giuridici propri, così abbiamo deciso di andare avanti comunque, perché il nostro è solo un messaggio di “non odio”, lo scopo non è offendere» e «la malizia, spesso, è negli occhi di chi guarda» –, confermano che l’intera operazione (immagini-scandalo, reazioni indignate, articoli sui media, dichiarazioni stupite di scuse agli interessati) è stata volutamente pianificata per provocare indignazione (e pubblicità gratuita).
Che cosa si dovrebbe fare per evitare che queste furbe operazioni-lampo si ripetano in futuro? L’autorizzazione preventiva delle campagne pubblicitarie da parte di un’Authority composta da comunicatori competenti. È possibile farlo subito. Basterebbe volerlo.
cardarelli.raffaele@gmail.com