Lo stato dell’ambiente in Italia

Il Ministero dell’Ambiente, lo scorso 6 luglio, ha trasmesso al Parlamento la Relazione sullo Stato dell’Ambiente: 893 pagine sui principali indicatori ambientali del nostro Paese
AP Photo/Andrew Medichini

Dopo otto anni dall’ultimo testo il ministero dell’Ambiente ha prodotto la nuova “Relazione sullo stato dell’ambiente”, 893 pagine scritte sotto la direzione del segretario generale del ministero e il supporto scientifico di sei professori di università ed enti scientifici. “Siamo gli unici tra i grandi in Europa a non avere il nucleare – ha affermato il ministro Gian Luca Galletti – abbiamo un’alta efficienza energetica e rappresentiamo un’avanguardia a livello mondiale sulle energie rinnovabili”.

La relazione però fa notare una spaccatura fra nord e sud Italia: frane, desertificazione, sviluppo chimico, depurazione e balneazione sono alcuni elementi che sottolineano le due facce del Belpaese.

Desertificazione al Sud. L’Italia purtroppo ha la percentuale di perdita di suolo più alto d’Europa, con valori di 8,46 tonnellate per ettaro l’anno. L’erosione a causa delle piogge dopo lunghi periodi di siccità, la cementificazione, le elevate pendenze dei terreni sono alcune delle cause. In Sicilia è a rischio il 42,9 per cento della superficie regionale, in Molise il 24,4, in Puglia il 15,4 e in Basilicata il 24,2.

Frane e smottamenti. Galletti afferma che oltre il 60 per cento delle frane che si registrano nel continente europeo si producono in Italia: 600 mila delle 900 mila censite in Europa. Si stima che il consumo di suolo – nonostante le Alpi e gli Appennini frenano l’urbanizzazione – abbia intaccato (dato del 2014) 21.000 chilometri quadrati del territorio, il 7 per cento della superficie nazionale.

Depurazione e raccolta differenziata. Le regioni al 100% depurate (nel 2012) sono Sardegna, Piemonte e Liguria. A queste di aggiunge la Provincia autonoma di Trento. Per quanto riguarda la raccolta differenziata, nel 2015, si è attestata al 47,5 per cento della produzione nazionale, con un incremento del 2,3 % in più rispetto al 2014. Al Sud l’aumento più significativo con +211 mila tonnellate, cioè +7,3%.

Le terre bio e lo sviluppo chimico. Siamo 60,7 milioni di residenti e amiamo il biologico. Nel 2014 l’agricoltura bio occupava 1.387.913 ettari di territorio (+5,8 per cento rispetto al 2013) e 55.433 erano i produttori. L’Italia è leader europeo del settore, sia per il numero di imprese sia per l’estensione delle aree, ed è tra i primi produttori al mondo di agrumi, olive e frutta privi di chimica.

In controtendenza però con 52 miliardi di euro di fatturato sempre nel 2014, siamo il terzo produttore chimico in Europa e il decimo a livello mondiale. Parliamo di chimica di base (petroli, cloro, soda, acido solforico), chimica specialistica (vernici e inchiostri, fitosanitari, coloranti), chimica destinata al consumatore finale (detergenti, cosmetici, pitture).
Balneazione. Per il settore della balneazione non ci possiamo lamentare: delle 5.511 acque di balneazione – 644 laghi e fiumi e4.867 acque marine – l’82 per cento è di classe “eccellente”. Ma nel Rapporto si nota l’alto rischio di inquinamento per il Mar Mediterraneo dall’intenso traffico di petroliere: si parla del quasi 30% di traffico mondiale con 400 milioni di tonnellate l’anno con oltre 250 petroliere di passaggio quotidiano. Il 70 per cento di idrocarburi si concentra in quattro porti: Trieste (36 milioni di tonnellate), Augusta e Priolo (25 milioni), Cagliari (13 milioni) e Genova (13 milioni).
“L’Italia che emerge da questa disamina è un Paese saldamente incardinato nel sistema di tutele ambientali definito dall’Unione europea – ha concluso il ministro Galletti nel commentare la Relazione -, probabilmente il più attento e completo del mondo. E le città, che producono il 70 per cento dei gas serra, sono il banco di ogni politica di sostenibilità”.

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