Lizzani e il partigiano Carlo
Roberto, com’è nata la tua passione per il cinema?
«Direi che, in qualche modo, c’è sempre stata. Mio padre me l’ha fatta crescere: lui amava il cinema, mi portava con sè. Ricordo il mio primo film Viaggio allucinante. A me che ero un bambino di quattro o cinque anni affascinava nella sala buia lo schermo che si animava e mi faceva vivere l’avventura di un microscopico sottomarino all’interno del corpo umano. Da ragazzo ho cominciato ad andare al cinema da solo: ho visto di tutto, dai western – sono cresciuto con Sergio Leone e Sam Peckinpah – ai noir, alla fantascienza, ai cartoni natalizi di Disney. A dodici anni, il colpo di fulmine: vedo il film Lo squalo, mi affascina e decido che questa è la mia strada. Da quel momento, appena avevo un attimo libero, mi infilavo al cinema, a tutti gli spettacoli, sia la domenica che durante la settimana. Ho imparato più vedendo i film che poi studiandoli all’università».
È stato all’epoca che hai girato il tuo primo cortometraggio?
«Sì, si trattava di un prodotto totalmente sperimentale, quasi una”fotografia” in movimento. Ma poi ho lasciato il cinema per dedicarmi alla pittura e al teatro, pur scrivendo recensioni di film e con il sogno per il futuro di dedicarmi alla regia. Finché nel 2002, ho potuto realizzare con Federico Greco un lungometraggio Road L. –Il mistero di Lovecraft, che è stato presentato in numerosi festival internazionali, vincendo un sacco di premi. È il primo vero mokumentary italiano, che ha i suoi cultori da noi, mentre all’estero è una sorta di cult, in particolare nei paesi di lingua spagnola. Purtroppo, la situazione caotica del cinema italiano, che preferisce le commedie ai prodotti freschi, mi ha impedito di girare finora il mio secondo film».
Perciò ora ti stai dedicando ai documentari. Tre già prodotti ed uno in fase di montaggio…
«Mi sono costati parecchi sacrifici, ma ne sono soddisfatto. Il lavoro su Carlo Lizzani è un estratto di un prodotto più lungo che si intitolerà 11 e parlerà della Resistenza a Roma durante l’occupazione tedesca. Lizzani è stato un partigiano, ma non l’ha mai detto durante la sua vita, perché – come lui stesso m’ha confessato – la “sua” Resistenza l’ha raccontata con i film. Ed io, dopo la sua morte, ho voluto omaggiarlo in questo modo: per me è stata una persona che il suo dovere l’ha fatto fino in fondo».
Come vi siete conosciuti?
«Conosco Mario Fiorentini, il gappista che ha ideato l’attentato di via Rasella a Roma, che m’ha parlato di Lizzani come partigiano, cosa che ignoravo completamente. Ero piuttosto timoroso di parlare con un regista che aveva raccontato magistralmente episodi della Resistenza e del Fascismo. Ma lui fu molto gentile, ascoltando il mio progetto: ”Non si perde mai tempo a parlare di Resistenza” – mi disse al telefono, invitandomi a casa sua. Nacque un sorta di amicizia, ci si vedeva da lui, si parlava di cinema sorseggiando un thè. L’intervista che si vede nel mio documentario è probabilmente l’ultima che ha rilasciato, appena quindici giorni prima di lasciarsi morire così tragicamente. Certo, Lizzani ha lasciato un enorme vuoto nella nostra cultura, ed io ho deciso di omaggiarlo in questo modo, andando contro la corrente che, dopo la sua morte, sembra averlo dimenticato».
Cosa ti aspetti da questo tuo ultimo lavoro?
«Quello che mi preme è che esso possa fare da apripista al lavoro più esteso 11. È già stato selezionato in vari festival, senza un briciolo di pubblicità. L’abbiamo proiettato in anteprima al Bif&fest alla presenza del regista Giuliano Montaldo: si è commosso rivedendo l’amico e rivedendosi da giovane attore nel film Achtung!Banditi. È stato presentato inoltre al Todi Film Festival, ed è stato richiesto al festival dei documentari “Hai visto mai?”, diretto da Luca Zingaretti. Insomma, sta viaggiando bene!».
Sei sempre in una fervida attività. Progetti futuri?
«Sto cercando di chiudere il montaggio del documentario sulla Resistenza ed anche di terminarne un altro su due icone veneziane, cioè le gondole e i gondolieri. Ma mi sono pure impegnato in due corti di genere mistery che hanno come punto di snodo il vino rosso!! Non so però quando saranno realizzati. Ma dentro, pensa un po’, c’è spazio anche per i vampiri!». (ride, ndr).