Livello-Italia. Unità e umanità
La crisi ci sta avvicinando. Tra cittadini, intendo, ma anche tra cittadini e istituzioni. E tra società civile e istituzioni.
La crisi ci sta avvicinando. Tra cittadini, intendo, ma anche tra cittadini e istituzioni. E tra società civile e istituzioni. Lo dice la stagione del governo-Monti, ma non solo. Anche il fatto che ci si preoccupi e ci si scandalizzi per l’allargamento della forbice tra i più ricchi e i più poveri è un sintomo del nuovo avvicinamento tra cittadini e istituzioni. Anche il fatto che si esulti per le azioni della Guardia di finanza – c’era bisogno di aspettare tanto? – contro i disonesti che non pagano le tasse.
L’Italia s’è trovata d’improvviso in una fase inattesa della sua storia, con un governo cosiddetto “tecnico” che in realtà sta vivendo una stagione altamente “politica”, sorretto dalla responsabilità dei partiti più grandi. Merito del presidente Napolitano? Anche, ma non solo. Merito, credo, degli italiani, che stanno riscoprendo nella crisi il significato della “dimensione-Italia”, del “livello-Italia”.
Ci stiamo in effetti dicendo che abbiamo tante e tali ricchezze nel Paese – basti pensare al patrimonio artistico, culturale e paesaggistico, ma anche alla creatività, alla capacità d’intraprendenza e d’innovazione –, che non è possibile dover soccombere a una crisi volatile, come volatili sono le monete. E ci stiamo ripetendo che dobbiamo ritrovare il genius loci, il genio del luogo, la nostra particolarità. Scrive Luigino Bruni su Avvenire: «L’Italia ha sempre avuto meno mercato dei Paesi anglosassoni (Inghilterra e Usa in particolare), perché il posto del mercato lo hanno occupato non solo uno Stato spesso inefficiente e ipertrofico, ma anche la famiglia e le comunità». Bruni parla di «società civile di tipo comunitario». Dobbiamo quindi trovare questo “genio”, che si esprime anche in una “santità” popolare italiana, laica e non solo religiosa, che sa farci grandi e anche piccoli, che sa valorizzare l’industriale ma anche l’artigiano, che mette sul piedistallo la singola famiglia come il Paese intero, che cresce per l’accumulazione di un euro sull’altro più che sulle grandi manovre finanziarie.
Ma c’è una condizione per ritrovare questo “livello-Italia”: dare spazio alle risorse migliori, cioè i giovani, cioè chi crede al bene comune, chi guarda più in là del proprio naso. Vi consiglio di leggere a p. 16 l’intervista con il cappellano di bordo della Costa Concordia, don Raffaele Malena. È straordinaria la sua testimonianza di generosità e altruismo; ma è anche terribile il racconto delle bassezze e degli egoismi più scellerati di chi cercava solo di salvare la propria pelle. Ecco, bisogna dar fiato alla gente che invece ha dato prova di altruismo, di abnegazione, di straordinaria capacità organizzativa pur nell’emergenza.
L’Italia non ha bisogno di ripiegamenti su di sé e sul proprio particolare perché è giunto il momento dell’unità nazionale, che può portare frutto solo se ognuno fa la propria parte. È il genius loci italiano del particolare che diventa universale, perché umano, e sa perciò scoprire il nuovo oltre che il vecchio. Scriveva Enzo Biagi: «A chi mi domandava quale fosse la dote più apprezzabile dei miei compatrioti, io ho sempre detto: “L’umanità”».