L’italiano, questo sconosciuto
Sono somari gli studenti? O gli insegnanti che non lavorano bene? O la società ipertecnologica?
Il rapporto Invalsi-Accademia della Crusca, pubblicato in questi giorni ed elaborato su un campione di prove scritte di italiano relativo all’esame di Stato dell’anno scolastico 2008-09, ha evidenziato grosse difficoltà di padronanza della lingua materna da parte dei nostri giovani. Il giudizio dei correttori è senza appello.
Tenuto conto che il 10 rappresenta il livello di sufficienza e che la valutazione è ottenuta attraverso l’analisi di quattro competenze, «il caso relativamente meno grave riguarda la competenza grammaticale nella quale il 54 per cento circa degli elaborati riceve un voto inferiore a 10. Il caso più preoccupante è quello della competenza lessicale-semantica che, nel 63 per cento circa degli elaborati, riceve un voto al di sotto del livello di sufficienza. Nel caso della competenza ideativa e di quella testuale la quota delle insufficienze è del 58 per cento».
Il disastro linguistico, peraltro, non riguarda esclusivamente scuole professionali o tecniche, anche i licei sono in caduta libera.
Eppure la notizia non sorprende più di tanto chi lavora nel settore. Da qualche anno correggere le prove degli studenti italiani è diventato un compito arduo e tutto sommato frustrante. Tra l’altro dagli errori non si impara più, e probabilmente non si tratta solo di una deficienza scolastica. Possiamo anche dire che gli insegnanti non lavorano bene, ma nel migliore dei casi è una mezza verità, se non proprio un’illazione.
Questa nostra lingua nazionale sono ben pochi a conoscerla, forse gli accademici del team Invalsi-Crusca e qualche amante del bel parlare. Quanti la dovrebbero sperimentare nella comunicazione quotidiana, nei talk show televisivi, nelle dichiarazioni dei nostri vip è assai difficile che vi si imbattano.
Restano i maestri delle primarie e i professori delle secondarie a farsene carico. Ma non è semplice motivare i giovani di una società iper-tecnologica allo studio di una disciplina che tra l’altro, e lo sanno anche loro, non ha mai fatto arricchire nessuno.