L’Italia si ferma per la pandemia da coronavirus

Giuseppe Conte annuncia l’ulteriore stretta all’apertura dei negozi sul territorio nazionale per contenere il contagio da Covid 19, mentre l’Oms dichiara lo stato di pandemia. Varate misure economiche straordinarie. Domande aperte sul fermo della produzione e le priorità delle spese.
Foto Alfredo Falcone/LaPresse

Gli italiani sanno ormai che ogni sera, se non nel cuore della notte, è possibile una comunicazione urgente di Giuseppe Conte.

Alle 20.43 di mercoledì 11 marzo 2020, il presidente del consiglio, con i toni pacati e cortesi che lo hanno finora contraddistinto, ha annunciato la chiusura sul territorio nazionale di tutti i negozi, bar e ristoranti compresi, con l’eccezione dei punti vendita alimentari e sanitari.

In effetti l’elenco delle attività commerciali ancora in attività è più lunga come si legge nell’allegato 1 del decreto firmato lo stesso giorno, 11 marzo, in cui lOrganizzazione mondiale della sanità ha sciolto tutte le riserve dichiarando lo stato di pandemia per la diffusione su scala planetaria del contagio da coronavirus.

L’unico modello che sembra funzionare per combattere la pervasività del Covid-19 è quello adottato in Cina nella megalopoli di Wuhan. I video trasmessi dalla televisione di Stato della Repubblica popolare cinese ci hanno mostrato, con uno stile uniformato ai notiziari statunitensi, un territorio pressoché desertificato dalla presenza umana. Non è l’aria o l’acqua a propagare questo virus, ma il contatto tra esseri umani.

Quello che può imporre un regime autocratico come quello del partito comunista asiatico non lo può replicare l’Italia. Anche se ormai siamo vicini ad una condizione di stato marziale se, come ha precisato il capo della protezione civile Borrelli, anche chi circola a piedi deve portare con se la dichiarazione scritta che giustifica la permanenza fuori dalla propria abitazione.

Si richiede un controllo capillare del territorio che le forze di polizia non possono assicurare, alla lunga, senza l’ausilio di ulteriori corpi organizzati, come già avviene con l’esercito che presidia le stazioni ferroviarie e della metro nelle grandi città.

Pur incoraggiano il ricorso dal lavoro da casa e l’uso di permessi retribuiti e delle ferie, è evidente il contraccolpo che si sta abbattendo sull’intera economia del Paese. E difatti nessun voto contrario è stato espresso alle camere in merito ai provvedimenti urgenti annunciati dal governo nella mattina dell’11 marzo. Anche gli economisti della tendenza più liberista non si possono opporre alla necessità dell’intervento statale per sostenere imprese e famiglie con un pacchetto complessivo di 25 miliardi di euro.

Entro venerdì 13 saranno predisposti i decreti per l’attuazione delle misure relative ai primi 12 miliardi di euro, che dovranno essere applicabili senza intralci burocratici. La gran parte delle famiglie non vivono di rendita e la mancanza di reddito da lavoro rischia di indurre la paralisi del sistema. Le rate dei mutui vanno interrotte da subito e i bonus erogati direttamente, per fare qualche esempio. Esiste poi una larga fetta di attività lavorative che non godono di alcuna garanzia e rischiano di affondare. Per non parlare della vasta area di precariato e lavoro informale.

A rassicurare gli animi è arrivata anche la diffusione di un messaggio amichevole, in parte anche in italiano, della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Intenzioni che dovranno trovare conferma negli incontri previsti all’inizio della prossima settimana dei ministri dell’economia dell’Unione europea, chiamati, tra l’altro, ad approvare il Mes (meccanismo europeo di stabilità) che, come abbiamo riportato, presenta notevoli criticità per la nostra economia e non solo.

Difficile immaginare la gestione di una crisi del genere senza l’ausilio non solo della radio e della televisione, ma di tutta l’infrastruttura delle reti informatiche che permettono il funzionamento delle attività a distanza e l’uso dei social su Internet. E infatti tra le attività ancora aperte si trovano i negozi necessari a tale settore, come anche le edicole e i benzinai. Vedasi elenco nell’allegato 1 del Dpcm 11 marzo 2020.

Ma esiste una norma del Dpcm che apre a diverse interpretazioni. Fatte salve le attività di cura che il personale sanitario sta assicurando in modalità eroica, nonostante i continui tagli al Servizio sanitario nazionale, si tratta di capire quali attività devono restare aperte perché indispensabili e se davvero in tali luoghi di lavoro sia assicurata la salute e la sicurezza di chi vi opera. È ad esempio strategica l’attività della Siare di Crespellano, in provincia di Bologna, che sta quadruplicando la fabbricazione di macchine respiratorie e ventilatori polmonari per i reparti di terapia intensiva

Dopo interruzioni spontanee è, invece, sospesa la produzione della Fca a Pomigliano, Melfi e Cassino. I lavoratori dei grandi magazzini e della logistica, fortemente stressati in questo periodo, denunciano la mancanza di misure adeguate, ma non possono neanche protestare per il divieto di assembramento.

Non è possibile, ovviamente, pretendere di bloccare la diffusione di un virus che ha provocato una pandemia a livello mondiale se non si fermano tutte le attività che possono essere fonte di contagio. Su questo punto esiste un contrasto inedito ad esempio tra le tesi di Confindustria e quello delle amministrazioni di centrodestra del Nord.  «Il governo si raccomanda di assumere protocolli di sicurezza. Quella che non si riesce a garantire nella normalità, non si capisce proprio chi dovrebbe controllarla in questo caos» commenta la Cgil.

Un sindacalista non certo nemico del mondo imprenditoriale come Marco Bentivogli parla di «comportamento indecente di alcune aziende» mentre l’economista Luigino Bruni, che a fine mese avrebbe dovuto coordinare il grande evento di Assisi sull’Economia di Francesco, già il 7 marzo si è chiesto davanti ai drammatici gli appelli delle autorità a ridurre i contatti «ma quando chiudono uffici e aziende in Lombardia? Il resto è pannicello caldo. Questa crisi ci mostra la sottomissione della politica alle ragioni dell’economia».

Una constatazione che ora è replicabile a livello nazionale e internazionale perché se non si interviene in maniera decisa, resterà difficile arrestare il contagio. Colpisce in tal senso l’affermazione di Walter Ricciardi, consulente del governo italiano ed esperto dell’Oms, che prevede una possibile catastrofe negli Stati Uniti «perché lì il virus sta avanzando incontrastato. Di fatto lì non lo testano neanche, trattandosi di un sistema che non ha grandi risorse di sanità pubblica». Ed è invece proprio la Cina, il vero competitore degli Usa, che sembra, salvo recidive e controllo delle informazioni, uscire da questa crisi con un’immagine positiva, come conferma l’invio in Italia di materiale sanitario prodotto in gran quantità da un Paese che si conferma la fabbrica del mondo.

Tra scenari globali che vengono definiti di guerra verso un nemico invisibile, resta la contraddizione dei volumi di denaro (oltre 1.800 miliardi di dollari all’anno secondo il Sipri) destinati alle armi, nonché ai costi delle grandi esercitazioni militari come quella Defender 2020 prevista dal 27 aprile al 22 maggio in Europa, con decine di migliaia di soldati provenienti dagli Usa.

Il ministro della Difesa Guerini ha precisato che, per motivi prudenziali, l’Italia ha deciso di non partecipare a tale esercitazione, ma diverse fonti parlano di quarantena per coronavirus imposta allo stesso comandante del contingente Usa, l’italo statunitense Christopher Cavoli.

 

 

 

 

 

 

 

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