L’Italia salverà l’euro?
La situazione di debolezza del nostro Paese ci pone in una posizione chiave. Intervista a Benedetto Gui, ordinario di economia politica a Padova
L’Italia, ci viene ripetuto in questi giorni, rimane un "sorvegliato speciale" all’interno dell’area Euro: i fondamentali del nostro Paese non sono certo cambiati insieme al governo, e così sarà finché non verranno assunte misure drastiche – che l’esecutivo esporrà in dettaglio lunedì 5 dicembre. Ma i timori di un tracollo dell’Italia, e dell’Euro con essa, sono fondati? Il professor Benedetto Gui, ordinario di economia politica all’università di Padova, ci offre un’analisi interessante della posizione in cui ci troviamo.
Professor Gui , siamo davvero a rischio fallimento?
«Tra i Paesi dell’area euro che hanno difficoltà a rifinanziarsi, l’Italia ha il debito pubblico più grosso: quello della Grecia, a confronto, è una piccolezza. In caso di default l’ammanco sarebbe di 1900 miliardi, qualcosa di colossale: e basterebbe una perdita importante sul valore dei titoli italiani per mettere in grandi difficoltà le banche, che ne posseggono moltissimi. E le banche potrebbero a loro volta trovarsi insolventi».
Si parla di crisi di liquidità del sistema bancario. L’emissione di nuovi titoli sembra una soluzione, ma in questo modo si aiuta più lo Stato o le banche?
«Se c’è un interesse per questi titoli ne aumenterà decisamente il prezzo, e quindi ci saranno immissioni che genereranno benefici. Supponiamo invece che sia una banca a liberarsi di questi titoli. L’immissione sul mercato potrebbe rivelarsi vantaggiosa, perché si tratta in un certo senso di una scommessa sulle finanze pubbliche italiane e sul fatto che si rimetteranno in piedi, e questo riporterà la fiducia. Se la scommessa la fanno in tanti avrà successo. Questi titoli sono un acquisto speculativo nel senso migliore della parola, perché si compra stando attenti al valore che avranno per qualche tempo. Se tutti gli italiani che hanno attività finanziarie di altro tipo decidessero di vederle per acquistare titoli italiani, il problema si risolverebbe da solo. I cittadini al momento possono fare una piccola parte, è una goccia nel mare, ma potrebbe rivelarsi un buon affare».
Ha qualche esempio?
«Quando nel 2008 il tesoro americano ha comprato titoli da banche che stavano fallendo e le ha salvate, il risultato è stato che il valore di questi titoli è salito, e quindi quando poi è tornata la normalità e li ha rivenduti ci ha guadagnato. Non è escluso che un salvataggio possa rivelarsi un buon affare». È sufficiente che qualcuno di molto grosso e credibile in questo momento dica: “Sono disposto a comprare titoli di Stato in quantità tale da evitare il default”. Il Giappone ha un debito pubblico maggiore del nostro e ha una sua moneta. La banca centrale , qualora la gente scappasse da titoli giapponesi, ha la possibilità di ricomprarne in quantità illimitate. La sola previsione che questo possa accadere toglie la possibilità di qualsiasi tentativo di fuga».
E nell’Eurozona non può accadere lo stesso?
«Nell’area Euro, che ha una banca unica per 17 Paesi, ciò non accade perché la Bce non se la sente di acquistare titoli in maniera illimitata, soprattutto da quegli Stati che hanno avuto una finanza allegra come il nostro. Ci dicono: “Voi andavate in pensione anche a 35 e 40 anni e non avete voluto fare riforme serie, ora non si può venire a piagnucolare per chiedere soccorsi”. La Germania è disposta a dare il suo sì perché i soldi della Banca centrale e dell’Unione vengano utilizzati per salvare questi Paesi solo se viene limitata la possibilità di continuare così: e questo vale per Italia, Spagna, Grecia e Portogallo».
Come si potrà procedere?
«Ci saranno delle procedure di autorizzazione solo sulla valutazione del bilancio da parte di un organismo europeo, quale potrebbe essere questo Fondo salva stati. Se le indicazioni di austerità non saranno rispettate ci potrebbero essere delle sanzioni, come non poter utilizzare i fondi europei o avere diritto di voto su alcune questioni . Se c’è l’impegno di questo Fondo, capace di intervenire con quantità tali da impedire la fuga degli investitori, a questo punto non c’è più pericolo di default: l’aspettativa negativa si sgonfia e i titoli salgono».
L’Euro fallirà davvero?
«L’Euro a mio parere non fallirà perché non c’è intenzione di arrivare al tracollo: anche i tedeschi si stanno rendendo conto che in questa situazione anche i loro interessi nazionali sarebbero intaccati. Certo c’è stata molta lentezza nei meccanismi decisionali, e questo rallenta la messa in atto dei processi di salvataggio. Potrebbe avvenire il fallimento di una grande banca: questo getterebbe certo nel panico, e potrebbe magari accadere prima che ci sia un intervento di queste istituzioni».
E l’Italia che responsabilità ha in questo contesto?
«Viene dato per scontato che qualora ci fosse il fallimento dell’Italia finirebbe l’Euro. Non penso proprio. Certo ci sarebbe uno sconvolgimento grande con fallimenti bancari importanti, e i Paesi sarebbero tentati di salvarsi da soli uscendo dalla moneta unica. Ma non c’è nulla di automatico in questo processo. Se il Minnesota negli Stati Uniti fallisse, non per questo finirebbero il dollaro. È vero che l’autonomia degli Stati europei è maggiore di quella del Minnesota, ma non fallirebbe l’Euro. Assisteremmo piuttosto al tracollo di un grosso debitore come può essere l’Italia, e quindi i creditori sarebbero nel panico. Si scatenerebbe una serie di effetti a catena, con una stretta terribile da parte delle banche a dare crediti perché troppo preoccupate a salvare se stesse».
Una situazione già in atto…
«È vero, ma non in misura così radicale. Certo andare avanti così per lungo tempo avrebbe effetti pesanti sull’economia reale, e non tanto sul sistema finanziario. Di fatto noi abbiamo aziende sane, con tanti ordinativi, ma in questo momento non riescono ad esaudire le richieste poiché le banche non concedono prestiti per acquistare le materie prime con cui potrebbero soddisfarle. Si sono fatti passi per consentire alle banche di avere maggiore liquidità. Ora serve che si abbassi il tasso da parte della Bce. La soluzione per l’Italia sarà vicina quando si capirà che non si lascerà fallire il Paese e che qualcuno di importante tornerà ad acquistare i nostri titoli. Quando un debitore grosso è in difficoltà, sono i suoi creditori in posizione di debolezza. L’Italia oggi è diventata strategica perché è nei guai ma è un debitore grosso, e tanti la guardano per capire la rilevanza che avrà la crisi e quando questi creditori potranno risollevarsi».