L’Italia nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite (ONU) ha eletto l’Italia quale membro non permanente del Consiglio di sicurezza, l’organo che ha «la responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale», secondo la previsione dell'articolo 24 dello Statuto delle Nazioni Unite. Per prendere una decisione, il Consiglio di sicurezza necessita di una maggioranza di almeno nove dei quindici membri, inclusi tutti i cinque membri permanenti che hanno il cosiddetto diritto di veto. L’Italia sarà per la settima volta membro non permanente del Consiglio di sicurezza, dopo un lavoro diplomatico lungo e complesso, che si è concluso con un compromesso con i Paesi Bassi (che nella penultima votazione, la quinta, hanno ricevuto 95 voti come l’Italia, mentre il quorum richiesto è di 128 voti).
Il ministro degli Affatri esteri, Paolo Gentiloni, ha affermato: «Abbiamo deciso di chiudere in pareggio senza andare ai rigori, ma, ovviamente, l'Italia avrebbe preferito una netta prevalenza, ma al quorum mancavano parecchi voti a entrambi». Infatti, di norma, il seggio non permanente si tiene per due anni, mentre l’accordo raggiunto tra Italia e Olanda prevede che alla fine del 2017 l’Italia si dimetta e subentri appunto l’Olanda, con la quale continuerà a collaborare. Gentiloni ha aggiunto che «è importante per l'Italia essere nel Consiglio di sicurezza nel 2017 quando abbiamo la presidenza del G7».
L’Italia è riuscita a ottenere questo risultato grazie a una scelta di unità e di cooperazione senza precedenti, ma anche grazie all’appoggio degli Stati che hanno votato in suo favore, in particolare quelli africani. Nel gruppo dell’Europa occidentale, al quale spettano due seggi, la Svezia è stata eletta al primo turno con 183 voti, come la Colombia, eletta per il gruppo America Latina e Caraibi, e l'Etiopia per il gruppo dell'Africa con 185 voti. Al secondo scrutinio, per l'area Asia-Pacifico è stato eletto il Kazakistan con 138 voti. I membri non permanenti del Consiglio di sicurezza sono nominati a rotazione ogni due anni, e per il rinnovo di cinque dei dieci seggi per il 2017-2018 i nuovi eletti a partire dal 1° gennaio sostituiranno gli Stati uscenti: Spagna, Nuova Zelanda, Angola, Venezuela e Malesia. Rimangono per il 2017 Egitto, Giappone, Ucraina, Senegal e Uruguay, oltre i cinque Stati con un seggio permanente, le grandi potenze vincitrici della II Guerra Mondiale: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina.
Sicuramente c’è stata un po’ di delusione nella diplomazia italiana che ha lavorato per mesi per favorire l’elezione dell’Italia, considerata da molti favorita grazie al lavoro che sta svolgendo nel Mediterraneo a favore degli immigrati e per il ruolo che ha assunto nella crisi libica, nella guerra in Siria e nelle crisi in Mali e Sahel. Inoltre, l’Italia ha sempre contribuito alle forze di peacekeeping, cioè quelle operazioni dei caschi blu delle Nazioni Unite in varie parti del mondo per mantenere la pace, tanto da essere il Paese occidentale che fornisce il più alto numero di uomini, oltre che essere tra i primi dieci finaziatori dell’ONU. Per l’Italia, sedere nel Consiglio di sicurezza significa sicuramente esercitare influenza e sviluppare relazioni, oltre che provare a mettere al centro dell’agenda internazionale delle questioni particolarmente importanti per i nostri interessi: la Libia, la Siria, la crisi migratoria nel Mediterraneo, l’Africa, i rischi causati dal cambiamento climatico e le ripercussioni sulla pace e sulla sicurezza internazionale.