L’Italia e le armi nucleari da mettere al bando
Italia e armi nucleari: non è affatto una cosa semplice ciò che chiedono congiuntamente alla politica italiana cinque realtà del mondo cattolico italiano che hanno deciso di prendere sul serio quanto ripete senza sosta papa Francesco. E cioè sulla necessità e urgenza di adesione al Trattato Onu che proibisce le armi. Senza dare spazio ad alcuna ambiguità, Francesco condanna come immorale non solo l’uso, ma anche il possesso di questi terrificanti strumenti di morte che rappresentano «un crimine contro l’uomo e la sua dignità e contro ogni possibilità di futuro».
La terribile pandemia in corso, che continua a mietere vittime a prescindere da ogni “ragionevole rischio”, rappresenta una ferita trascurabile di fronte all’Apocalisse nucleare. Uno scenario altamente probabile nell’attuale “geopolitica del caos”, come confermano i costanti avvertimenti della Federazione degli scienziati americani, ma è comprensibile l’istinto alla rimozione prevalente nell’opinione pubblica, continuamente distratta da altro nel dibattito pubblico.
Più in profondità si può citare l’intuizione di Thomas Merton, negli anni ’60, sulla progressiva sicurezza, anche interiore, affidata alla “Bomba”. Un’aspettativa del tutto infondata, come sanno bene gli esperti di ogni tipo.
Sembra oggi improbabile, nell’immaginario collettivo, il rischio di una distruzione assoluta dell’umanità così come descritta, senza ricorrere ad effetti speciali, da uno straordinario film del 1964 di Sidney Lumet (“A prova d’errore”). Eppure quegli ordigni sono praticamente sotto casa. A decine sono presenti nelle basi militari di Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone), pronti per essere usati, sotto il comando della Nato, in un conflitto che, secondo un simulazione dell’università statunitense di Princeton, provocherebbe 85 milioni di morti in poche ore.
Rifiutarsi di essere parte di questa follia dovrebbe essere connaturale ad una Repubblica che ripudia la guerra, ma il nostro Paese è tra quegli Stati che si sono opposti più decisamente all’adozione del Trattato del 2017 per l’abolizione delle armi nucleari. Una contraddizione che merita di essere affrontata apertamente per capire come va intesa la fedeltà atlantica più volte rilanciata nei suoi interventi da Mario Draghi quale capo di un governo di larghissima maggioranza.
Come esposto da Lisa Clark su Città Nuova ad inizio 2021, esiste un movimento diffuso, soprattutto tra i sindaci del bresciano, che chiede all’Italia di ripensare la scelta di non aderire al Trattato entrato in vigore a gennaio 2021.
Secondo certe interpretazioni non servirebbe, a tal fine, uscire dalla Nato, ma esercitare all’interno di questa Alleanza un ruolo propositivo. Una tesi contestata da altre fonti, ma che rende politicamente realistico il confronto sull’adesione italiana al Trattato Onu di Proibizione delle Armi Nucleari. La scelta decisiva richiesta «a voce alta al Governo e al Parlamento» da parte dei responsabili italiani di Acli, Azione Cattolica Italiana, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Movimento dei Focolari Italia e Pax Christi.
Un appello sottoscritto il 25 aprile, festa civile della Liberazione, con l’invito esplicito all’adesione delle altre associazioni cattoliche per un impegno comune da sperimentare in un confronto, aperto e laico, con tutti.
Qui il testo dell’Appello che sarà al centro dell’incontro “Liberare l’umanità dalla sua autodistruzione. L’urgenza dell’adesione al Trattato ONU di Proibizione delle Armi Nucleari” promosso il 3 maggio all’interno della manifestazione internazionale Settimana per un mondo unito.
Per entrare nel dettaglio della Sfida nucleare del XXI secolo, il Movimento dei Focolari Italia ha organizzato per il 13 maggio, assieme all’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo, un seminario on line con l’intervento di esperti e di un rappresentante del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale.