L’Italia, la guerra e il tabù da rompere sulle armi nucleari
La guerra nucleare è una minaccia più attuale che mai. Eppure come afferma Ugo Tramballi su Il Sole 24 ore «parlare di armi nucleari non produce “like” e garantisce pochi “click”».
Come ogni anno a gennaio il Bulletin of the Atomic Scientists dell’Università di Chicago avverte che siamo sempre più vicini all’Apocalisse nucleare. Tutto può innescarsi banalmente nello scontro tra Paesi che dispongono di questo orribile strumento di distruzione: Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord.
La fonte di pericolo più immediato si consuma in questi giorni nella tensione crescente tra le forze della Nato guidate dagli Stati Uniti e la Russia di Putin sulla vicenda geostrategica dell’Ucraina.
Come ha fatto notare lo storico Cristopher Clark, il primo conflitto mondiale si è scatenato nel 1914 in uno stato di sonnambulismo delle nazioni avviate verso l’orrendo mattatoio che ci ha poi condotto alla seconda guerra mondiale fino alla nuova era della possibile autodistruzione del genere umano avviata con il lancio dei due ordigni nucleari sulle città di Hiroshima e Nagasaki.
Sono troppe le analogie tra quel tempo di inizio secolo scorso con lo scenario odierno dove l’unica voce che si alza senza sosta in una sorta di narcolessia della coscienza è quella di papa Francesco che condanna non solo l’uso delle armi nucleari ma anche il loro possesso. La Santa Sede è in prima fila nel sostenere la necessità di sostenere il trattato sull’ abolizione delle armi nucleari approvato da una conferenza dell’Onu nel luglio 2017.
L’Italia è perennemente divisa tra la sua vocazione di una politica di pace a livello planetario, a partire dalla sua collocazione nel Mediterraneo, e la realpolitik che la riduce ad essere una piattaforma logistica per la guerra. Il nostro territorio è pieno di basi militari predisposte per la proiezione bellica su scala planetaria. Ad Aviano (Pordenone) e Ghedi (Brescia) sono presenti decine di bombe nucleari predisposte per essere trasportate da quei caccia bombardieri F35 che rappresentano l’emblema del nostro coinvolgimento industriale nella filiera mondiale della produzione di armi destinate al mercato bellico.
La presenza di armi nucleari non è decisiva per la difesa effettiva del nostro Paese che verrebbe spazzato via, assieme all’Europa, in pochi minuti come dimostra un’efficace simulazione dell’università di Princeton.
È di fatto, perciò, un tabù la discussione dell’Italia al trattato per l’abolizione delle armi nucleari in ragione della nostra adesione alla Nato che a giugno 2022 vedrà i Paesi membri riunirsi a Madrid per confermare il nuovo concetto strategico 2030 senza che la società civile sia stata coinvolta nel merito delle decisioni che sono state già prese. E questo nonostante l’evidente fallimento dell’intervento occidentale in Afghanistan con gli Usa che hanno deciso di lasciare il Paese in mano ai talebani trattando direttamente con loro senza coinvolgere i Paesi dell’Alleanza atlantica.
Rappresenta, perciò, una novità assoluta la presa di posizione di 44 realtà dell’associazionismo cattolico che il 2 giugno 2021, festa della Repubblica democratica fondata sul lavoro e che ripudia la guerra, hanno chiesto al governo italiano di aderire al trattato di messa al bando delle armi nucleari in sostegno alla campagna “Italia ripensaci” promossa dalla sezione italiana della coalizione Ican, Nobel per la Pace 2017.
Si tratta come ha scritto il quotidiano Avvenire di “rompere il fronte Nato” sulla questione delle armi nucleari. Il 26 febbraio le associazioni firmatarie dell’appello si incontreranno a Roma nella sede nazionale dell’Azione Cattolica Italiana per interrogarsi sulla posizione dei cristiani davanti alla guerra cercando assieme di rispondere a due domande molto concrete.
- Quali sono oggi gli ostacoli che nella nostra società impediscono la presa di consapevolezza della reale minaccia dell’apocalisse nucleare denunciata da Papa Francesco?
- Quali percorsi e azioni credibili possiamo condividere per poter incidere sulle scelte strategiche di contrasto alla guerra da parte del nostro Paese?
L’incontro del 26 febbraio è preceduto da un’iniziativa promossa il 19 febbraio dalla pastorale sociale di Brescia, in un territorio dove più intensa si è dimostrata l’iniziativa dei comuni e delle associazioni sulla questione delle armi nucleari, presenti nella vicina base di Ghedi.
Venerdì 18 febbraio si terrà nell’università di Cagliari un incontro di approfondimento sulla produzione bellica in Italia a partire dal movimento per la riconversione economica nato in Sardegna.
Così a febbraio, mentre spirano gelidi venti di guerra in Europa, si fanno largo dei segnali di novità in Italia strettamente collegati con la profezia di Giorgio La Pira in nome del quale si svolgerà a Firenze dal 23 al 27 del mese un grande raduno dei sindaci e vescovi dell’area del Mediterraneo da proporre come frontiera di Pace.
QUI per approfondire la questione dell’Italia come piattaforma della guerra