L’Italia e le malattie croniche

La prima conferenza nazionale sull’accesso alle cure nelle malattie croniche svoltasi di recente in Italia ha dimostrato la drammatica entità del fenomeno.
Artrosi

La prima conferenza nazionale sull’accesso alle cure nelle malattie croniche svoltasi di recente in Italia ha dimostrato la drammatica entità del fenomeno. Sono circa 25 milioni gli italiani colpiti da una o più malattie croniche. Di questi il 13 per cento risulta colpito dalle cronicità più gravi come diabete, infarto del miocardio e altre cardiopatie, ictus, bronchite cronica, cirrosi epatica, tumori maligni, Parkinson, Alzheimer, demenze senili. Le più diffuse sono invece l’artrosi–artrite, l’ipertensione arteriosa e le malattie allergiche. I disabili o non autosufficienti, quasi tutti anziani, sono due milioni e 600 mila, pari al 4,8 per cento della popolazione e vivono spesso a carico delle famiglie di appartenenza, con disagi immaginabili. Drammatica poi la situazione dei malati terminali che, a casa, debbono provvedere a infermieri e altre figure di riferimento, con spese che possono raggiungere fino i tre mila euro mensili.

 

Non basta quindi il fatto che il Servizio sanitario nazionale abbia già trasferito il 50 per cento delle risorse economiche dalle strutture ospedaliere ed ambulatoriali al territorio. Nel corso di un forum di Meridiano Sanità svoltosi a Cernobbio, viene sottolineata la necessità di incrementare le spese per la prevenzione, di cui tanto si continua a parlare, ma per la quale oggi si spende solo un miliardo di euro, pari allo 0,8 per cento sul totale di quanto viene impiegato nel bilancio complessivo della sanità. Ciò contrariamente a quanto accade in Canada, Olanda, Francia, Spagna, Usa, dove si investe per questo settore molto di più rilevando poi un incremento dei risparmi.

 

Secondo proiezioni fatte dagli esperti, raddoppiando in Italia l’investimento attuale si otterrebbe il triplo di benefici nell’arco di dieci anni, con effetti immediati. Una scelta, questa, sempre più necessaria stando al progressivo, inarrestabile invecchiamento della popolazione e all’austerità imposta dall’attuale crisi economica.

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