L’Italia del lavoro in 20 racconti teatrali

Il progetto del Teatro di Roma “Ritratto di una Nazione” affronta e indaga la tematica del lavoro nelle sue diverse criticità, secondo il punto di vista di chi ce l’ha e di chi l’ha perduto o mai trovato. Un autore per ogni regione

Restituire al teatro la sua funzione sociale, il suo essere strumento di indagine del presente, attraverso creazioni collettive, veri e proprio “polittici” a più mani e di durate extra-ordinarie (12 ore di durata). È questo il senso del progetto  Ritratto di una Nazione – L’Italia al lavoro. Venti quadri teatrali dalle regioni del Paese, un nuovo “paesaggio teatrale” con la visione delle sue varietà geografiche, naturali, sociali, antropologiche, linguistiche, che il Teatro di Roma ha in programma al Teatro Argentina dall’11 al 16 settembre.

Alla sua terza edizione (dopo Ritratto di una Capitale – Ventiquattro scene di una giornata a Roma, nel novembre 2014 e nel dicembre 2015, pochi giorni prima che Mafia Capitale scoppiasse come una eruzione che ancora oggi scotta), i temi affrontati sono quelli che di volta in volta sono sentiti urgenti e che indagano le geografie a diversa scala: la Capitale ieri, la Nazione oggi, l’Europa e il mondo nei prossimi anni. I quattro i “ritratti teatrali” ideati dalla direzione artistica di Antonio Calbi in questi anni, rappresentano quasi dei “manifesti programmatici”. Il progetto ideato dal direttore Antonio Calbi e con il regista Fabrizio Arcuri, quest’anno è dedicato al nostro Paese. Ritratto di una Nazione si compone infatti di 20 pièce teatrali, commissionate ad altrettanti autori, uno per ciascuna regione, che affrontano e indagano la tematica del lavoro nelle sue diverse criticità, secondo il punto di vista di chi ce l’ha e di chi l’ha perduto o mai trovato. Un polittico etico, estetico, poetico che, per questa prima parte, presenta 11 “scene” dall’Italia di oggi: 11 tasselli – le prime 9 regioni, più un prologo scritto dal premio Nobel Elfriede Jelinek e un pezzo sulle lotte sindacali in Italia – per un’opera polifonica in forma di puzzle e montata in un unicum, grazie al lavoro del dramaturg Roberto Scarpetti, del regista Fabrizio Arcuri, alla colonna sonora live dei Mokadelic, al set virtuale di Luca Brinchi e Daniele Spanò. A dar voce e visione alle rispettive regioni, con la varietà di lingue e poetiche mescolate in un’unica composizione collettiva, sono le creazioni di autori e drammaturghi diversi per generazione, indole e scrittura: Marta Cuscunà con Etnorama 34074 (Friuli Venezia Giulia), Davide Enia con Scene dalla frontiera (Sicilia), Renato Gabrielli con Redenzione (Lombardia), Saverio La Ruina con 30 minuti (Calabria), Alessandro Leogrande con Pane all’acquasale (Puglia), Marco Martinelli con Saluti da Brescello (Emilia Romagna), Michela Murgia con Festa nazionale (Sardegna), Ulderico Pesce con Petrolio (Basilicata), il dittico di Vitaliano Trevisan con North by North-East. Coffee shop e Start-up (Veneto), il pezzo sulle lotte sindacali di Wu Ming 2 e Ivan Brentari con Meccanicosmo. A fare da prologo, Risultato da lavoro, testo d’eccezione commissionato per l’occasione alla scrittrice austriaca Elfriede Jelinek, premio Nobel per la letteratura 2004.

L’interpretazione è affidata a un “quarto stato” di interpreti-lavoratori, impegnati a restituire in scena l’Italia che lavora, tra gli altri: Giuseppe Battiston, Francesca Ciocchetti, Roberto Citran, Maddalena Crippa, Gigi Dall’Aglio, Michele Di Mauro, Davide Enia, Saverio La Ruina, Paolo Mazzarelli, Lino Musella, Filippo Nigro, Gianni Parmiani, Ulderico Pesce, Michele Placido, Arianna Scommegna, Vitaliano Trevisan. Sul grande palcoscenico del Teatro Argentina irrompono le sequenze flash dai territori del Paese cucite insieme da un impianto di tubi, piattaforme, scale di ferro che evoca un cantiere in continuo mutamento, dove attori-operai costruiscono e smantellano ponteggi e impalcature di monumenti in restauro, edifici semifiniti del nostro Sud e costruzioni simbolo di un Nord a doppia velocità. Un intrigo di strutture che diventano contenitori di scene, ambienti intimi o paesaggi urbani, sfondo per schermi su cui proiettare immagini e squarci di città. Un lavoro scenico in continuo divenire nel corso dell’opera che accompagna l’alternarsi dei brani drammaturgici (30 minuti ciascuno). E intanto sul palco va componendosi lo spaccato di un’Italia che si racconta “al lavoro” attraverso l’eco delle proprie lingue, tradizioni, memorie.

Ritratto di una Nazione si apre con il prologo affidato a Maddalena Crippa che consegna la sua voce al “lavoro che divora il mondo”, quello di cui parla il premio Nobel Elfriede Jelinek in Risultato da lavoro, sullo sfondo una donna che cuce, come una moderna Penelope, per riflettere sul proprio lavoro che crea e distrugge.

Il viaggio inizia. Il Friuli Venezia Giulia di Marta Cuscunà con Etnorama 34074 si focalizza sulla Fincantieri di Monfalcone riconvertita a industria del turismo per effetto della globalizzazione, la stessa che si manifesterà in una tigre del bengala, fuggita dal circo, al suo ingresso nello stabilimento navale. Interprete Francesca Ciocchetti.

La Sicilia di Davide Enia con Scene dalla frontiera, tratto dal suo ultimo romanzo Appunti per un naufragio (Sellerio), racconta ciò che sta accadendo nel Mediterraneo e il lavoro delle squadre di soccorso a mare, uomini e donne al confine di un’epoca e di un continente, costretti a riadattare il proprio mestiere.

La Lombardia di Renato Gabrielli è messa allo specchio in Redenzione, quella finta di un Gaga berlusconiano (Michele Di Mauro), che diventa guida di un gruppo di giovani disoccupati, un incontro che si rivelerà essere il set di un video virale per lanciare un movimento giovanile ispirato a “Giovinezza”, canzone inno del fascismo.

La Calabria di Saverio La Ruina in 30 minuti è un’attraversata urbana e storica, che vede impegnati due uomini, con partenza da via del Popolo a Castrovillari: l’uomo di oggi impiega 2 minuti, l’uomo del passato la percorreva in 30 minuti, una doppia velocità che rileva come siano cambiate le relazioni sociali anche grazie al lavoro.

La Puglia di Alessandro Leogrande con Pane all’acquasale, tre storie di sfruttamento e umiliazione, tra nuovi e vecchi schiavi, si intrecciano le vite di un bracciante polacco nella provincia di Foggia degli anni 2000, di Giuseppe Di Vittorio, sindacalista contadino protagonista del grande sciopero di Cerignola del 1904, e di un operaio dell’Ilva. Tra gli interpreti Michele Placido.

L’Emilia Romagna di Marco Martinelli con Saluti da Brescello, dove le statue in bronzo di Peppone e Don Camillo si animano in un rinnovato corpo a corpo, fra Gigi Dall’Aglio e Gianni Parmiani, una invettiva che passa dalla storia di Donato Ungaro, vigile urbano di Brescello e giornalista che dalla metà degli anni Novanta comincia a scrivere di corruzione e infiltrazione mafiosa, anche nella terra “rossa” per antonomasia.

La Sardegna di Michela Murgia con Festa nazionale è racconta da Arianna Scommegna nel ruolo di Gianna, una donna delle pulizie in una base militare della Nato nell’Ogliastra, che pur perdendo il marito per leucemia, forse a causa della radioattività, non ne fa una condanna bensì un sacrificio al dio lavoro.

La Basilicata di Ulderico Pesce con Petrolio, racconto-denuncia della “lucania saudita”, il più grande giacimento petrolifero continentale, dove ogni giorno vengono estratti circa 100 mila barili di petrolio: una terra ingannata dall’illusione del lavoro che, dopo 30 anni di estrazioni petrolifere, è lasciata povera, spopolata, con un alto indice di mortalità tumorale e con danni ambientali irreversibili.

Il dittico veneto North by North-East. Coffee shop e Start-up di Vitaliano Trevisan, anche in scena con Giuseppe Battiston e Roberto Citran, racconta le vite di tre ragazzi fino all’idea di una start-up, un servizio di trasporti dall’Italia all’Ucraina, che incontra il loro passato di droga, la mancanza di lavoro, la vita da camionista.

Infine, il pezzo sulle lotte sindacali in Italia di Wu Ming 2 e Ivan Brentari con Meccanicosmo, a quasi 60 anni dalle lotte della Breda, sempre a Sesto San Giovanni, ritornano le battaglie sindacali di due operai della General Electric nella Milano di oggi, con protagonisti Paolo Mazzarelli, Lino Musella e Filippo Nigro. Siamo nel 1961, l’anno del primo cosmonauta Juri Gagarin, che infatti arriva in scena.

Questa prima parte dura 5 ore, compreso intervallo di 30 minuti, con inizio alle ore 19 e chiusura entro la mezzanotte. Nel 2018 si aggiungeranno i rimanenti pezzi in arrivo dalle altre regioni della penisola: Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Toscana, Umbria, Abruzzo, Marche, Molise, Lazio, Campania, componendo la maratona finale della durata di 12 ore.

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