L’Italia dei migrantes

Nei giorni scorsi è stata celebrata la 100sima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Dal Triveneto a Lampedusa, la nuova mappatura di una realtà ancora difficile per chi è partito dal proprio Paese per sfuggire alla miseria. Le nuove rotte dei disoccupati italiani verso l’estero
Il Papa nella parrocchia del Sacro Cuore a Roma incontra bimbi

Migrare per trovare una vita nuova. Dal Triveneto a Lampedusa in Italia, ma anche dal Bel Paese verso altri Stati. È la speranza di un domani migliore ciò che accomuna chi decide di lasciare la propria terra. Non come «pedine sullo scacchiere dell’umanità, ma – come ha sottolineato papa Francesco nel messaggio per la Giornata del migrante e del rifugiato 2014 (dal titolo "Verso un mondo migliore") –, risorse per condividere la speranza di un futuro migliore».

Tutto è iniziato nel 1914, con la richiesta di Benedetto XV di pregare per le famiglie e le persone profughe e rifugiate provenenti dai Paesi europei allora in guerra fra loro durante il Primo conflitto mondiale. Oggi ancora molti sono i cantieri di sfida aperti, non dimenticando le tragedie di Rosarno, Firenze, Lampedusa e Prato. Bisogna dunque fare in modo che le politiche migratorie salvaguardino la dignità del migrante. In Italia sono 2 milioni e 300 mila i lavoratori immigrati, un lavoratore su 10 è straniero e nel 2013 la disoccupazione è cresciuta del 18 per cento. Sfruttamento e discriminazione sul lavoro hanno dati ancora più allarmanti. Sono sottoinquadrati rispetto alla qualifica il 61 per cento degli stranieri, 100 mila sono gli incidenti sul lavoro a cui occorre aggiungere i 164 mila “infortuni invisibili”. I casi di vittime di tratta o grave sfruttamento dichiarati tra il 2006 e il 2010 sono stati 178 solo in Emilia, mentre nessun dato perviene da Basilicata e Calabria.

Un focus particolare quest’anno è stato dedicato dalla Fondazione Migrantes al Triveneto, terra del flusso migratorio dei trevigiani che partivano come operai per la Germania e come imprenditori per la Romania. Al “miracolo del Nordest” italiano però avevano contribuito tanti immigrati. Oggi la regione veneta conta mezzo milione di stranieri, con una percentuale di residenti stranieri in calo. La sfida, adesso, è nella funzionalità dei servizi erogati: sanitari, educativi e amministrativi, affinché siano in grado di far fronte alle nuove emergenze.

Ma accanto alle analisi, tante sono le iniziative per Migrantes e Caritas diocesana che attraversano trasversalmente varie realtà, dal Nord al Sud dell’Italia. A Vicenza "Frontiere” è un progetto educativo avviato nelle carceri sul tema dei conflitti e dei processi interculturali evidenziati dai flussi migratori soprattutto da Nord Africa e Medio Oriente nel bacino del Mediterraneo. A Roma, nel “Rom Atelier” – in cui sono impegnate Caritas, Migrantes e Comunità di sant’Egidio – dieci ragazze donne rom hanno dato vita a un atelier in centro che ha all’attivo mille capi realizzati in due anni. A Carpi l’attenzione è per “i viaggiatori speciali” – i circensi e i lavoratori nelle giostre –, al centro di un’iniziativa di catechesi e di inserimento scolastico per accompagnare i ragazzi all’esame di terza media.

E a Lampedusa da pochi giorni è partita l’iniziativa “Il viaggio della vita” che coinvolge le scuole per sensibilizzare gli studenti sulle realtà di origine dei migranti che arrivano sull'isola. Entrare nelle piaghe che determinano la partenza verso un Paese lontano, riscoprendo la bellezza di quelle culture. Monsignor Francesco Montenegro, presidente di Migrantes, conosce bene la realtà isolana e ha sottolineato, durante la conferenza stampa della giornata, che: «A Capodanno gli isolani hanno aperto le loro porte agli immigrati ancora una volta. Si distinguono per la loro solidarietà, ma anche loro vivono in difficoltà». «Un giorno – continua il presule  – ho incontrato una persona che ha chiesto “Perché?”, perché non si parla delle carenze strutturali di quest’isola che mette in ginocchio la nostre terra? Di una Asl che ha il suo centro a Palermo e che crea difficoltà di cura?».

Un problema intrinseco, come il nuovo fenomeno in atto, quello dei nuovi emigranti della disoccupazione, saliti al 41,6 per cento secondo i recenti dati Istat del gennaio 2014. Sono, secondo il “Rapporto italiani nel mondo 2013” della fondazione Migrantes, i 79 mila italiani espatriati, di cui un 30 per cento tra i 20  e i 40 anni. Spesso le ragioni della partenza sono frutto non di una scelta – non solo partire per accrescere il proprio bagaglio di esperienze  –, ma di una necessità, dettata dalla carenza di possibilità lavorative. Le nuove rotte restano – all'interno dei confini nazionali – il Nord, mentre fuori dal Paese si sceglie l’Asia, l’America Latina e non ultimo il Brasile. Effetto boomerang del fare le valigie sono le ripercussioni emotive per la famiglia disgregata fra uno o più Paesi per motivi lavorativi, ma ancora più negativi per i migranti sconfitti, coloro cioè che sono costretti a un turn-over geografico o che rientrano in Italia.

Tante situazioni di sofferenza a cui aggiungere ancora un appello. Sono le parole individuate per un mondo migliore, che non può portare a non vedere, a non ascoltare dove ce n’è bisogno: incontro, accoglienza, tutela, condivisione, dialogo e rispetto delle differenze. Tutto quello che trasforma il migrante e il rifugiato, italiano e straniero, in persona.

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