L’Italia da costruire

La rassegna di Forlì “Ottocento, L’arte dell’Italia tra Hayez e Segantini” ci invita a pensare alla storia della nostra ”famiglia italica”

“L’Italia è fatta, bisogna fare gli italiani.” Così Massimo d’Azeglio. Aveva ragione. Bisogna fare di nuovo gli italiani anche oggi. Perciò la rassegna a Forlì “Ottocento, L’arte dell’Italia tra Hayez e Segantini” – 150 opere di 94 autori–  va vista per la straordinarietà dei lavori esposti, e perché fa pensare alla storia della nostra ”famiglia italica”. Necessaria, oggi che la storia non si vuole nemmeno più farla studiare: per non vivere senza radici.

Hayez e Segantini, dunque. Ossia il periodo dopo il 1850 e fino al 1910 circa. Quando l’unità politica si stava compiendo e bisognava dare una identità alla nuova nazione, con ideali,valori,cultura a popoli che non erano abituati a frequentarsi. Anni difficili, anche drammatici, di un governo che doveva affrontare problemi economici e sociali immensi e porsi nel dialogo tra le grandi nazioni d’Europa.

La storia

Riandare al passato glorioso, ai “segni” dell’aspirazione all’unità e alla indipendenza dallo straniero, con personaggi come Dante, Machiaveli, e fatti come i Vespri siciliani o i grandi momenti biblici. Il veneziano Francesco Hayez, amico di artisti come Manzoni e di filosofi come Rosmini – ,che ritrae, apre la rassegna  a Forlì. E’ l’ultimo dei romantici – chi non ricorda il famoso “Bacio?” – e grande ritrattista e pittore di storia.  Perciò passa dalla bellezza classica e sensuale delle donne bibliche –Ruth e Tamar -, al dramma della Caduta di Gerusalemme (1867), dall’Ecce Homo (1875) al tiepolesco martirio di s.Bartolomeo, al ritratto di Rossini (1870). Storia e sentimento, Hayez non demorde. Su questa scia furoreggiano i pittori di storia: romana (La vendetta di Poppea, I funerali di Britannico: un capolavoro di natura e dramma, 1888), medievale (I Vespri siciliani), rinascimentale (i melodrammatici Raffaello  e la Fornarina, Leonardo che ritrae la Gioconda, Cesare  Borgia e Machiavelli). Naturalmente ci sono i protagonisti della storia recente, i grandi italiani destinati a diventare “padri della patria: Garibaldi,  eroe popolare, Cavour, Vittorio Emanele II e, morente, il “perdente” Mazzini.  Insieme: Manzoni, Verdi e Puccini, letteratura e musica, due generi in cui l’Ottocento italiano è stato grande a livello mondiale, Carducci e d’Annunzio.  Infine, le battaglie in presa diretta:  Porta Pia con i bersaglieri in corsa (Michele Cammarano 1871) La discesa di Garibaldi dall’Aspromonte (Gerolamo Induno, 1863) La Battaglia di Custoza (Giovanni Fattori,1870).

I problemi sociali

La vita è dura nella Nuova Italia e l’arte lo racconta. Giovanni Fattori, artista di grande talento, va dalla Marcatura dei puledri in Maremma alla desolante tristezza de Lo staffato a terra e insanguinato. Ma è soprattutto Telemaco Signorini – altro esponente dei Macchiaioli – a dire ne L’alzaia la fatica degli uomini-animali sotto un cielo immobile ed una luce fredda. L’aria non è lontana dai ragazzi delle solfatare siciliana,i Carusi di Onofrio Tomaselli (1900) seminudi che non conoscono la spensieratezza giovanile come gli operai nelle prime fabbriche o Il minatore sfinito, bronzo di Enrico Butti (1897).

La natura

In una Italia non ancora sfregiata dalla follia umana, il paesaggio è rimasto incantato e incantevole, quello che aveva creato il nome del Bel Paese. La poesia della natura conosce momenti di rara bellezza. Se Giovanni Segantini ritrae (Alla stanga, Le due madri) momento di struggimento amoroso tra madre e figlio e tra uomini e natura sotto una luce vibrante, è i l colore limpido dei veneti a muovere il barcaiolo ne Il Sile a Qinto di Guglielmo Ciardi. Ma forse la tela meno nota e riscoperta in mostra è Il roveto al tramonto di Pelizza da Volpedo (1902): fulgore della natura, sole  raggi erbe, un mondo palpitante e frusciante di rara bellezza, un colore trapassato dal vento.

La donna

È la protagonista della rassegna, dalle donne bibliche di Hayez che la aprono sino alle femmes fatali di Boldini, a quelle che fanno turismo o vanno nei caffè(ignorando gli affamati), fino alle donne misteriose  e forti  di Vittorio Corcos. Sia quando lei sta seduta a guardarci tra due giovani al mare, uno pensa l’altro legge – quale sceglierà dei due? – sia nel ritratto della contessa  Maraini Sommaruga che chiude nel rosa arabescato,  la mostra. Inaccessibile e fremente.  Un po’ come l’attrice Eleonora Duse ritratta in posa teatrale e pensosa. Un po’come la Regina Margherita in costume svizzero, cantata da Carducci, o le Tre donne di Boccioni (1910), versione al femminile del vecchio tema delle Tre età dell’uomo, giovinezza maturità e vecchiaia. Fibrillazioni luminose nella Belle E’poque

Questa è Ottocento, la nostra storia in arte, che svela una stagione grande  ma troppo poco conosciuta e spesso sottovalutata. Un merito di Forlì che da quindi anni propone rassegne rivoluzionarie.  Una lezione di speranza, anche per oggi. Da non perdere.

Forlì, Musei di san Domenico. Fino al 16 giugno (catalogo Silvana Editoriale).

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