L’Italia che dona
Sangue: lo danno in quasi due milioni di persone. Piuttosto anziani.
Nell’Italia della crisi economica, della sfiducia nelle istituzioni, della rassegnazione, esiste un esercito di persone che non vivono solo per sé stesse. Difficile quantificarne le dimensioni, per la varietà delle loro azioni. All’interno di questo “corpo speciale” possiamo però contare di sicuro un milione e 800 mila italiani che più volte all’anno si recano nei quasi 300 servizi trasfusionali e nelle oltre mille unità di raccolta extraospedaliere per un gesto di solidarietà e condivisione ben preciso: donare il proprio sangue. Un atto semplice (se non si ha proprio il terrore della siringa), di breve durata (10 min il tempo del prelievo), tutelato dalla legge (il lavoratore dipendente ha diritto ad una giornata di riposo e alla corresponsione della normale retribuzione), per il quale basta avere buona salute e un’età compresa fra i 18 e i 65 anni. Un’azione che può salvare, curare, migliorare la qualità di vita. Ce lo ricorda anche la Giornata mondiale del donatore di sangue che si celebra il 14 giugno.
Nel nostro Paese il sistema trasfusionale ha raggiunto gradi di eccellenza e ha persino toccato l’autosufficienza nazionale nel 2003. Negli anni successivi, però, abbiamo dovuto di nuovo chiedere aiuto fuori dai confini della penisola. Da un lato l’aumento delle richieste, dall’altro il calo dei donatori per raggiunti limiti di età, hanno rifocalizzato la necessità di un ricambio generazionale che al momento non basta. Diverse le regioni italiane in equilibrio, mentre Sardegna, Sicilia e Lazio sono carenti e il Centro nord ha un saldo positivo.
Una gradita novità viene dagli italiani acquisiti. Sono infatti già 40 mila gli immigrati che donano il sangue in Italia, l’8 per cento dei quasi 300 mila donatori abituali in Lombardia, circa mille in Toscana dove sono triplicati nel giro di pochi anni, solo per offrire qualche cifra. Per loro basta la residenza in Italia da almeno due anni, un documento di identità valido e la conoscenza della lingua italiana, necessaria per capire le domande preliminari all’atto della donazione. Interessante è il fatto che la spinta e le necessarie informazioni siano venuti per lo più dalle diverse associazioni etniche locali, dai centri di preghiera, dalle diverse istituzioni religiose. Anche dal sangue può passare l’integrazione.