L’Italia alla sfida decisiva del 25 settembre
Mai dire mai. Per la prima volta nella storia recente andremo a votare ad inizio autunno. La fine anticipata, a luglio, dell’esecutivo di larga maggioranza guidato da Mario Draghi permetterà di avere ad ottobre un nuovo governo nel pieno delle sue forze per affrontare la legge di bilancio assieme a dossier decisivi, primo fra tutti l’incerto scenario della guerra in Ucraina.
Le prossime elezioni sono le più decisive dal 1948 anche se stavolta incombe l’incertezza sulla frequenza alle urne.
L’astensionismo ha tante cause ed è incentivato dalla legge elettorale contestata da molti perché limita la possibilità di scelta dell’elettore. Di fatto la Legge Rosato (o Rosatellum) è stata approvata nel 2017 con il sostegno di Pd, Lega, Forza Italia e altre piccole formazioni transitorie tra le contestazioni di 5 Stelle, Fratelli d’Italia, Sinistra italiana e Articolo1 Mdp.
Nelle elezioni politiche del marzo 2018, dove ha votato il 73% degli elettori, il Rosatellum ha permesso proprio ai pentastellati di diventare il partito di maggioranza relativa in Parlamento e di indicare il giurista Giuseppe Conte come presidente del Consiglio di un’inattesa alleanza tra M5S e la Lega di Salvini. Il crollo del Pd al 18% portò l’allora segretario Renzi alle dimissioni.
Il primo governo Conte è poi caduto in pieno agosto 2019 per la rottura decisa da Salvini, fautore della politica di contrasto alle migrazioni, prendendo spunto dal dissenso dei 5 Stelle sulla questione della linea ferroviaria Torino Lione.
La fine del Conte 1 non ha portato a nuove elezioni ma al rapido varo del governo Conte 2 basato sull’accordo tra 5 Stelle, Leu e un Pd con una forte componente renziana trasmigrata, dopo pochi giorni, nel partito di Italia Viva.
Il Conte di centro sinistra ha dovuto affrontare l’urto della pandemia da Covid 19 fino a concordare in Unione Europea il varo nel 2020 del piano di ripresa del Next generation Eu. Ma proprio sulla gestione e il contenuto del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) si è consumato nel gennaio 2021 il dissidio di Italia Viva. Il presidente della Repubblica ha quindi chiesto a tutti i partiti di dare vita ad un esecutivo di salvezza nazionale sotto la guida di un tecnico di levatura internazionale come Mario Draghi, ex presidente della Banca centrale europea (2011-2019), già governatore della Banca d’Italia dal 2006 al 2011, già Direttore generale del Tesoro nel decennio 1991-2001.
All’appello di Mattarella non hanno aderito Fratelli d’Italia, una serie di gruppi di ex 5 Stelle e Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana.
Draghi ha seguito un programma di riforme di lungo termine delineato nel discorso di insediamento dove, tra il resto, ha ribadito la stretta collocazione dell’Italia in Europa e nell’Alleanza atlantica.
È arrivato, infine, il 24 febbraio 2022, data dell’invasione russa dell’Ucraina, a fare da spartiacque tra il prima e il dopo l’irrompere esplicito della tragedia della guerra nel confronto politico, con Draghi determinato a dare ragione del sostegno italiano alla linea prevalsa in Occidente con un nuovo consenso a quella Nato che nel 2019, nell’era Trump, Macron aveva definito in stato di progressivo declino.
Il 20 luglio scorso, infine, la caduta del Governo originata dalla crescente incompatibilità su questioni di politica sociale ed energetica con ciò che resta del M5S rimasto sotto la guida di Giuseppe Conte, tra la scissione di Luigi Di Maio, più volte ministro in questa legislatura, e il garante Beppe Grillo in calo di carisma. Lega e Forza Italia hanno poi forzato la mano per andare subito alle urne. Elezioni per le quali i sondaggi prevedono una larga vittoria del centro destra con il ruolo trainante di Fratelli D’Italia, finora all’opposizione.
Nel 2018 il partito di Giorgia Meloni aveva raggiunto un modesto 4,3% ma la volatilità dei votanti lo accredita ora al 23%, coronando il percorso iniziato nel 2012 con la scissione dal Popolo della libertà e riprendendosi quell’autonomia che risale al Movimento Sociale Italiano, di cui usa il simbolo scelto nel 1947 dai nostalgici del fascismo guidati da Giorgio Almirante. In prossimità del voto forse crescerà la polemica sul ritorno al potere di postfascisti a 100 anni dalla marcia su Roma del 1922, ma finora questo tasto non è stato accentuato ed è difficile dire se e quanto sia in programma un’evoluzione di segno diverso.
Nelle liste di FdI, tra l’altro, hanno trovato posto molti centristi ex dc assieme ad una squadra di esponenti del pensiero liberale, dal filosofo Marcello Pera all’ambasciatore ed ex ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata, iscritto anche al partito radicale, dall’ex magistrato Carlo Nordio a Giulio Tremonti, ex ministro dell’Economia e attuale presidente dell’influente e trasversale think tank dell’Aspen Institute in Italia.
La legge elettorale premia i partiti che si coalizzano come hanno fatto quelli di centrodestra di FdI, Lega, Forza Italia e Noi Moderati. Con la caduta del governo Draghi, invece, il Pd ha perso il “campo largo” con i 5Stelle e poi il patto con Azione, il partito di Calenda, mantenendo l’accordo con i radicali di +Europa e con i Rosso Verdi, distanti dalla cosiddetta Agenda Draghi, offrendo, allo stesso tempo, una rappresentanza ai centristi Di Maio e Tabacci.
Stando così le cose è difficile competere con il grande consenso prevedibile di Meloni e alleati.
Le schede elettorali per Camera e Senato indicheranno le due coalizioni di centro destra e centro sinistra, la lista del M5S, la lista di Azione che contiene anche Italia Viva, la lista di sinistra di Unione popolare, quella di Ital Exit e la lista Italia sovrana e popolare, per fermarci a quelle con una storia politica riconosciuta.
Il tema dominante del confronto politico è imposto dalla crisi energetica con l’impennata delle bollette e dei prezzi, i possibili razionamenti, la speculazione sui mercati, l’aumento dei flussi migratori conseguenti all’instabilità geopolitica, ecc. Un quadro complessivo che fa vacillare i piani della transizione ecologica verso le fonti rinnovabili con ricette e priorità diverse tra i partiti, compreso il ritorno al nucleare civile.
Il taglio dei seggi in parlamento ha ridotto anche i posti riservati dai partiti agli esponenti di quella società civile che ha prodotto una marea di appelli e istanze rivolti alla politica. Da quello degli scienziati dell’ambiente ai comuni montani, dall’economia civile all’associazionismo familiare, ecc. L’invito pressante a non disertare le urne si accompagna all’attenzione ai contenuti dei programmi con l’ovvia considerazione che ogni scelta politica è sempre un’approssimazione verso l’ideale coltivato da ognuno.
La Chiesa, al tempo di Francesco, non da indicazione di voto ma offre criteri per il discernimento personale. Basta pensare all’attenzione della vita umana dal concepimento alla morte naturale, il ruolo centrale della famiglia, l’accoglienza verso i migranti, l’urgenza della giustizia sociale e l’impegno contro la guerra per comprendere come questa visione costituisca un “segno di contraddizione” per ogni partito.
L’appuntamento del 25 settembre richiede quindi un supplemento di coscienza nella consapevolezza che l’impegno non può ridursi al momento elettorale e che ogni voto non può essere squalificato come inutile. Per citare Aldo Moro un padre della Repubblica, «Se fosse possibile dire saltiamo questo tempo e andiamo direttamente a domani, credo che tutti accetteremmo di farlo. Ma non è possibile. Oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso. Si tratta di vivere il tempo che ci è dato vivere con tutte le sue difficoltà»
Società civile e politica, appelli e proposte
Anche se si cita Paolo VI sulla politica come “forma più alta di carità”, permane un pregiudizio che porta a separare una società civile “virtuosa” da un mondo politico segnato da compromessi. Chi si impegna in un partito sperimenta spesso incomprensioni e solitudine. È originale, pertanto, il patto del Movimento politico per l’Unita rivolto sia ai candidati che agli elettori sul rispetto dei modi e dei contenuti «per una campagna elettorale che riavvicini i cittadini alla politica nel segno della fraternità».
Il confronto di fronte a questioni complesse e drammatiche esige un dialogo autentico che non svicoli i problemi senza cedere alle demonizzazioni che frantumano la democrazia. In questo senso ha raccolto molte adesioni l’appello lanciato dall’economista Leonardo Becchetti mosso «dall’urgenza di promuovere un’alleanza trasversale e inclusiva per connettere movimenti sociali, esperienze civiche, energie imprenditoriali, risorse intellettuali e morali e le migliori esperienze politiche locali».
Oltre 200 mila le firme sul web per la petizione lanciata da molti scienziati, tra i quali il Nobel Giorgio Parisi, affinché la lotta alla crisi climatica venga posta in cima all’agenda politica offrendo il loro contributo per «elaborare soluzioni e azioni concrete». I giovani di Friday for future propongono una agenda di governo in 5 punti e lanciano lo sciopero per il clima il 23 settembre. Concreta e puntuale l’agenda proposta dall’Unione dei comuni montani per salvaguardare le aree interne che coprono quasi il 60% del territorio nazionale.
La difesa dell’integrità della Terra, associato ad un ripudio sovrano della guerra, dovrebbe essere la proposta da parte dell’Italia «alle altre Parti contraenti dei Trattati europei e dello Statuto dell’Onu» secondo l’appello lanciato dall’ex parlamentare Raniero La Valle e diverse associazioni.
Le oltre 80 realtà della rete “Ditelo sui tetti” propongono l’agenda “Scegliere il “noi” contro la cultura (e le leggi) dello scarto» ponendo tra i primi punti il contrasto al baratro demografico, la protezione della vita, la prevenzione dell’aborto e il divieto di maternità surrogata. Sul Forum famiglie si veda box a parte. L’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) evidenzia un elenco di priorità relative a immigrazione, asilo e cittadinanza. Ecco un elenco incompleto ma emblematico delle attese che le elezioni suscitano.
La nuova questione sociale
Di Gianluigi De Palo
Per il Forum delle Associazioni Familiari è necessario favorire un serio dibattito sulle condizioni del Paese, che sta portando ad una preoccupante disaffezione nei confronti della politica tutta.
Dalla lettura dei programmi:
− Non è ancora chiaro che la natalità è la nuova questione sociale. In un momento storico in cui il PNRR, ovvero debito sulle teste delle prossime generazioni, è l’unica opportunità che abbiamo per affrontare le varie crisi che si stanno abbattendo sul Paese, non è possibile tradurre il tema della natalità ad un capoverso contenuto in un elenco di buone intenzioni. È urgente, sin da ora, avere chiare le modalità e le dovute coperture che garantiranno il pagamento di questo debito;
− A livello fiscale, nessuna coalizione propone una seria revisione del sistema ISEE che tenga conto dei carichi familiari. Ci sono iniquità e ingiustizie i cui squilibri risultano incomprensibili a chi viene chiamato a contribuire alla fiscalità generale;
− Sostenibilità ambientale e sostenibilità intergenerazionale non sono tra loro antitetiche. Siamo un Paese sempre più anziano e la spesa per le pensioni e il welfare è destinare a salire inesorabilmente. Non riusciremo nella sfida di salvare l’ambiente se allo stesso tempo non salvaguardiamo anche chi dovrà prendersene cura;
I programmi presentati, purtroppo, non sembrano essere il frutto di un reale ascolto dei bisogni e delle esigenze del Paese. Il riflesso di questo lo vediamo anche nella scelta dei candidati, i quali nella maggior parte dei casi non sono legati al territorio nel quale vengono proposti. Quindi, nei programmi non si ravvisa una precisa e organica vision improntata al Bene Comune, bensì un elenco di proposte fatte per dare risposte che siano attraenti per i vari comparti dell’economia e delle parti sociali simpatizzanti con le forze politiche. Non c’è un’idea reale di Paese.
Siamo allarmati per le conseguenze inquietanti che l’aumento dei prezzi di gas ed energia, unito ad una inflazione galoppante, si abbatteranno sulle famiglie italiane che reggono il Paese, andando anche a colmare le lacune di uno Stato assente su fondamentali aspetti di welfare.
Alla luce delle migliaia di sollecitazioni quotidiane che riceniamo dalle famiglie italiane preoccupate, non possiamo restare a guardare in silenzio. Ci attende un cambiamento d’epoca che presuppone un coinvolgimento dell’intero sistema Paese nelle grandi scelte che andranno fatte.
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