L’Islam e i musulmani oggi

Cos’è l’Islam? E’ possibile il dialogo con il cristianesimo? Cos’è il jihad? Cosa pensano i musulmani delle donne?  Come usano i mezzi di comunicazione? Domande che dopo l’attacco a «Charlie Hebdo»e al supermercato kosher di Parigi trovano una nuova, scottante attualità. Il libro "l’Islam spiegato a chi ha paura dei musulmani" a cura di Michele Zanzucchi intende fare chiarezza sull’universo ancora poco conosciuto dell’Islam. Pubblichiamo qui l’introduzione del Curatore.
l'islam spiegato a chi ha paura dei musulmani

Questo piccolo libro ha una sola pretesa: raccontare qualcosa dell’Islam e dei musulmani di oggi, cercare di far capire le ricchezze più evidenti e alcuni dei problemi del mondo islamico in spirito di comprensione e di dialogo, senza anatemi reciproci, senza fatwa né scomuniche, rimanendo nel campo della rispettosa attenzione verso l’altro. […]

La vicenda di «Charlie Hebdo» e del supermercato kasher alla Porte de Vincennes a Parigi, il duplice attacco a Copenaghen e l’attentato di Tunisi; la vicenda dello Stato islamico in Siria e Iraq, e poi in Yemen e in Libia; l’aborto delle “primavere arabe” in tanti Paesi della riva meridionale del Mediterraneo; gli sbarchi di migliaia di musulmani a Lampedusa e sulle coste siciliane…

Sono mille i motivi che ci portano a dover fare i conti con la presenza musulmana: ma l’Occidente fa fatica a comprendere un mondo che gli sfugge.

Anzi, il problema è duplice: l’Occidente non riesce a capire l’Islam ma anche l’Islam non riesce a capire l’Occidente. Sapendo che in realtà ormai l’Occidente è formato anche da milioni di musulmani.

La paura cresce qui da noi, così come nei Paesi musulmani. I macabri videoclip girati e montati con sapiente regia dall’Isis sono pugni allo stomaco di società, come quelle europee, che si sentono le sentinelle dei diritti dell’uomo e della libertà a tutti i costi.

Le vicende della lotta fratricida tra sunniti e sciiti in Siria, in Yemen o in Pakistan destabilizzano le nostre certezze. La paura di avere alle porte, nella vicinissima Libia, uno Stato islamista che elimina semplicemente

chi la pensa diversamente da sé crea sgomento. Crea delle zone vuote nella coscienza collettiva in cui può infiltrarsi il germe della guerra, della pura e semplice legge del taglione. Cosa che purtroppo sta avvenendo.

Eppure nel 2011 c’erano state le “primavere arabe” che tante speranze avevano accese. Che fine hanno fatto? Il generale egiziano al-Sisi ha condannato a pene severe alcuni degli organizzatori più in vista della rivolta di Piazza Tahrir. Solo in Tunisia sembra che la democrazia si stia facendo strada.

Il facile entusiasmo degli inizi è scomparso, colpa anche della scarsa lungimiranza di un Occidente che pensava di aver risolto a buon mercato il problema dei rapporti con il mondo arabo, credendo di essere riuscito a esportare la democrazia; colpa anche della scarsa preparazione dei governanti locali, delle spaccature nelle società arabe tra chi innova e chi vuole solo tradizione, colpa anche dei gap generazionali.

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Persino l’Europa, la pacifica e pacificata Europa, si è messa a promuovere la guerra, e non solo ad accodarsi alle iniziative belliche Onu, Nato o Usa: sciagurato è stato l’intervento “muscoloso” in Libia, nel 2011, a opera di Sarkozy e Cameron, supportati dagli Stati Uniti e da altri “volenterosi” (tra cui una riluttante Italia), che volevano si cacciare un dittatore maniaco e crudele come Gheddafi, ma senza una strategia di uscita.

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Ma le cause, o se vogliamo le responsabilità, dell’attuale conflittualità non vanno certamente cercate solo dalle parti dell’Occidente: all’interno del mondo musulmano stesso si possono identificare dei gravissimi problemi (ma preferirei definirli delle sfide) che in questo libro a più riprese verranno fuori. Come non notare, ad esempio, le divisioni nel mondo musulmano? In tanti Paesi l’avversità tra sciiti e sunniti assomiglia da vicino a una guerra senza quartiere.

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Altro problema interno al mondo musulmano: tanti giovani musulmani, in particolare arabi, che vivono in Paesi a maggioranza musulmana, si indirizzano verso l’Isis, al-Qaeda o simili organizzazioni terroristiche. Quali le ragioni di tale svolta verso il radicalismo? Senza dubbio va considerato quello che è stato definito il “problema dell’umiliazione araba” che si vorrebbe vendicare, ma non va dimenticata la grave ignoranza che attraversa tanti Paesi, per la gravissima precarietà del sistema scolastico e universitario affidato alle mani di ulema, imam e sceicchi senza scrupoli. Bisogna rendersi conto che nella regione mediorientale vivono milioni di giovani e adulti che non hanno mai lavorato e che non hanno conosciuto altro che guerra e umiliazione. Ciò non giustifica nulla, ma non si può analizzare il fenomeno dell’ingrossamento delle file del terrore senza tener conto della presenza di queste “masse erranti” nel mondo arabo.

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Va pure notato come tante, troppe famiglie musulmane, una volta arrivate in Europa, non reggano all’impatto culturale ed esplodano, lasciando macerie attorno a sé: forse non a caso i terroristi di «Charlie Hebdo» e di Copenaghen sono figli di questa distruzione della famiglia tradizionale musulmana che, se integra, sa contenere e compensare le tensioni personali, infrafamiliari ed extrafamiliari.

L’Islam, è un fatto, entra ormai a casa nostra soprattutto per via degli immigrati di Lampedusa e di Pozzallo, o di quelli aggrappati ai semiassi dei camion imbarcati sui traghetti di collegamento con la Grecia, tipo Norman Atlantic. Problema collegati a questa immigrazione di forte impatto mediatico sono quelli della sussistenza di tanta gente in assenza di lavoro, delle reti di delinquenza, della gravità delle reazioni razziste o xenofobe. E come dimenticare la questione che forse ci tocca più da vicino, quella di culture (e non tanto di religioni) assai diverse da quelle che incrociamo nei nostri condomini? Odori, rumori, tempistiche, pulizia, convenzioni, preghiere… Emerge cosi, tante volte senza ragione, la paura o semplicemente il fastidio del diverso. Una paura o un fastidio che invade le nostre esistenze talvolta in modo eccessivo e avvolge le nostre città schizoidi. […]

L’ateismo, l’espulsione di Dio dalla società non è ammissibile per i musulmani: se la maggioranza reagisce con calma e cercando di argomentare, non pochi, sospinti da fanatici imam, si trovano a opporsi con la violenza a questa “rottura” propria di certa cultura europea.

Non va sottovalutato, sempre in quest’ottica, il problema dei diritti dell’uomo. Non sono storicamente gli stessi in tutti i Paesi e non c’è una stessa base filosofica per appoggiarli.

Poligamia, velo, accesso al potere… tante sono le tensioni in questo campo. Anche se la ricerca della definizione e dell’osservanza di questi diritti sembra ineludibile.

In questo contesto assai complicato, credo che tocchi prendere alcune precauzioni. Innanzitutto dobbiamo convincerci che noi europei non conosciamo ancora a sufficienza i musulmani, le loro tradizioni, le loro culture di provenienza. E viceversa. […]

Ne consegue – ecco una seconda precauzione – che anche nelle valutazioni che facciamo dei singoli conflitti e delle diverse zone di turbolenza bellica dobbiamo tener conto delle diversità profonde che esistono: […]

Il giornalismo ha poi degli enormi meriti nel presentarci un universo poco conosciuto. Ma nel contempo spesso e volentieri non facilita una mutua conoscenza, adeguata e intelligente, tra occidentali e mondo musulmano. Lo scandalismo, la sete di sangue, una politica molto poco favorevole alla riflessione e al dialogo, la presenza mediatica di certi leader religiosi che non fanno niente per facilitare una conoscenza corretta degli eventi e delle loro ragioni, talk show popolati da xenofobi e nostalgici del fascismo, neonazisti e Alba Dorata… Il giornalismo va preso con discernimento, senza credere automaticamente a quello che ci dice il bell’imbusto sullo schermo. Questa e la terza precauzione.

Infine, ecco una quarta precauzione: i social network sono usatissimi anche nel mondo arabo, anche dall’Isis, misteriosa entità politico-militare che appare filosoficamente e teologicamente secoli addietro rispetto al mondo Occidentale e alla più grande parte del mondo musulmano, ma che non rinuncia alle più sofisticate tecnologie per i suoi scopi perversi. Non c’è “pensiero” in questo utilizzo, l’uso e intuitivo, istintivo e basta. I social network possono veicolare perciò il meglio, come nel caso dei giovani di Piazza Tahrir assetati di liberta, ma anche il peggio: su internet si reclutano terroristi, si trovano manuali per fabbricare armi, si elaborano strategie di guerriglia e tecniche per imbrigliare il nemico informaticamente…

Questo libro vuol essere, come scrivevo, un contributo alla mutua conoscenza. Per questo ospita interventi di musulmani e cristiani, di sunniti e sciiti, di arabi ed europei che, in spirito di dialogo, cercano di dipingere un affresco plausibile dell’Islam, delle sue grandi aspirazioni, delle sue conquiste e delle sue sconfitte, dei cantieri che restano ancora aperti.

Michele Zanzucchi, L’ISLAM SPIEGATO A CHI HA PAURA DEI MUSULMANI (Città Nuova, 2015) pp. 136  € 14,00

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