L’Islam condanna l’Isis
Più di 120 accademici islamici hanno indirizzato una lettera aperta a coloro che definiscono come "seguaci e combattenti" dello stato islamico denunciandoli come "contrari ai principi dell’Islam". Il messaggio firmato da rappresentanti musulmani di diverse parti del mondo è stato pubblicato da Religion News Service (RNS), che da più di ottanta anni rappresenta una delle fonti più autorevoli d’informazione riguardo alla religione per il mondo di lingua inglese. La rivista può contare su un nutrito numero di corrispondenti in diverse parti del mondo che assicurano una copertura completa su notizie di carattere religioso, anche in collegamento con questioni di cultura e di politica.
Le personalità musulmane che hanno firmato il documento, presentato il 24 settembre scorso, hanno redatto una dichiarazione di diciotto pagine che intende esaminare l’ideologia che sostiene la violenza brutale con la quale i gruppi dell’Isis stanno imponendo e diffondendo il califfato in Medio Oriente, con minacce costanti all’occidente e alle comunità non musulmane della zona. Il testo è stato redatto in arabo e diffuso anche nella traduzione inglese con una presentazione ufficiale da parte di Nihad Awad, direttore esecutivo del Council of American-Islamic Relations, accompagnato da altre dieci personalità, leaders musulmani americani e figure di spicco nell’ambito della difesa dei diritti civili.
La lettera, scritta in lingua araba, attraverso testi religiosi classici individuati e presentati da accademici, intende dimostrare come l’Isis continui a far uso di testi religiosi per attrarre giovani ed indurli a entrare nei suoi quadri. Awad ha dichiarato che la finalità del documento è di offrire un rifiuto comprensivo, punto per punto, della filosofia dello Stato Islamico e della violenza perpetrata per realizzarlo imponendolo a tutti, soprattutto alle minoranze etniche e religiose. Fra i firmatari della lettera figurano personaggi di spicco: lo Sheikh Shawqi Allam, grand mufti d’Egitto, e lo Sheikh Muhammad Ahmad Hussein, mufti di Jerusalem e di tutta la Palestina. Fra i punti salienti si legge anche che “l’Islam proibisce la tortura (…), proibisce di attribuire a Dio atti malvagi (…) e dichiarare come non-Musulmano nessuno fino al momento che tale persona di definisca come un miscredente”.
Non è la prima volta che leaders musulmani scendono in pubblico per condannare di comune accordo lo Stato Islamico. Ne abbiamo parlato anche su Città Nuova a varie riprese nell’ultimo periodo. Tuttavia, il messaggio pubblicato mercoledì si distingue da altri perché i leaders che lo hanno firmato si sono indirizzati personalmente a colui che si è autoproclamato leader del neo-califfato. Fra l’altro, i firmatari del documento hanno rivolto un appello alla gente comune affinché non si faccia più uso della terminologia "stato islamico". “Invitiamo a non definire più questi territori come ‘stato islamico’ – ha affermato Ahmed Bedier, un Musulmano che dirige la United Voices of America, organizzazione non a scopo di lucro che incoraggia i gruppi minoritari a impegnarsi nella vita civile – in quanto tali territori non sono uno stato e non hanno nulla a vedere con la religione”.