L’irrinunciabile testimonianza

Bibbia

Al di là delle pur interessantissime discussioni legate alla proposta proveniente dal centro-destra (una novità, questa, comunque da salutare positivamente!) di permettere l’insegnamento della religione islamica e di quella ebraica nelle scuole italiane, analogamente a quanto viene già fatto per l’insegnamento della religione cattolica, mi sembra che pochi o nessuno abbiano sottolineato un aspetto della faccenda che ha un peso non indifferente.

 

Mi spiego. Non sono pochi, infatti, coloro che notano come troppo spesso coloro che escono dalle scuole private cattoliche diventino poi nei fatti i più acerrimi anticlericali. Analogamente, notano come spesso e volentieri l’effetto dell’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche ottenga l’effetto contrario a quello voluto: invece di avvicinarsi alla fede ci si allontanerebbe da essa. Se ciò vale per il cattolicesimo, ciò quindi varrebbe giocoforza anche per l’Islam e per qualsiasi altra religione.

 

Non condivido al cento per cento queste opinioni, anche se una qualche corrispondenza con la realtà ce l’hanno certamente. Ritengo invece che la “difesa della religione” possa essere efficace non tanto ponendo dei no allo sviluppo delle altre religioni, quanto applicando i principi della religione che si vuole difendere.

In parole povere, la miglior difesa della religione cristiana è la vita evangelica che nasce dai cristiani stessi. Se le parole non corrispondono ai fatti, se i principi enunciati non vengono applicati dalla comunità dei credenti, anche l’ora di religione serve a poco. Al massimo diventa un “esercizio culturale”. La religione, però, non è solo cultura! «Da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri», è scritto non a caso in Matteo.

 

Il cristianesimo (e quindi anche il cattolicesimo), hanno dunque bisogno di cristiani (cattolici) che testimonino con la vita la coerenza del messaggio cristiano, la sua pertinenza sociale, civile e anche politica. Persone che cerchino di applicare nella loro vita personale, familiare e sociale la irrinunciabile logica dell’amore che il Cristo morto in croce ha insegnato. Questa mi sembra la vera sfida che oggi sta di fronte ai cristiani, dare quella testimonianza auspicata anche da mons. Crociata, che proprio in questi giorni ha denunciato «chi si serve del nome cristiano e dei legami ecclesiali per raggiungere e difendere posizioni di potere e di prestigio».

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