L’irresistibile istinto materno
Simona, Jessy, Wibe. Hanno in comune di essere donne, di avere coraggio, di prendersi cura dell’altro in difficoltà anche quando di per sé… non obbligate. Le due vicende che le riguardano, raccontate sui media nazionali, si svolgono a Roma. Una di queste, purtroppo, non ha un lieto fine ma un tragico finale.
Simona è autista di bus. Durante una corsa si accorge dallo specchietto retrovisore che un ragazzino è stato preso di mira da una banda di bulli. Insulti, spintoni, nell’indifferenza degli altri passeggeri. Simona non vuole, non riesce a star ferma o zitta. Sceglie di intervenire. Spento il motore, raggiunge i ragazzi, non urla, non li sgrida; semplicemente, con l’autorevolezza conferitale dalla sua coscienza, prende per mano il ragazzino bullizzato e lo porta con sé nella cabina di guida. Nel bus cala il silenzio. Poi telefona alla mamma del poveretto chiedendole di venirlo a prendere alla fermata onde evitare ulteriori problemi.
Jessy e Wibe sono due turiste belghe di 24 e 25 anni. Un viaggio a Roma, sognato da tempo, visite ai luoghi artistici della città e una gita fuori porta, nel frusinate, per la quale avevano noleggiato una macchina. Di ritorno, sulla Roma-L’Aquila, si imbattono in un tamponamento che aveva causato due feriti gravi. Anche loro spengono i motori della loro macchina per prestare soccorso ai malcapitati. Ma una Smart, lanciata a tutta velocità, le investe, uccidendole. Chi era alla guida, un trentottenne italiano, scappa, salvo poi venire rintracciato dalle forze dell’ordine cui era già noto. Anziché ammettere le sue colpe, invece di essere devastato dal dolore, accampa delle scusanti: «Non le ho viste, era troppo buio».
Storie speciali, verrebbe da dire, tanto da meritare la ribalta della cronaca. Forse sì. Senz’altro tre donne speciali perché avrebbero potuto proseguire il loro percorso, i loro programmi e la voglia magari di finire il proprio turno o arrivare in albergo e mettersi in pantofole. E invece in loro è prevalso quell’istinto materno che ti fa dimenticare di te e proiettare nei bisogni dell’altro.
Quell’istinto materno che senz’altro è tipico delle donne, ma che non manca a tanti uomini capaci anch’essi di prendersi cura dell’altro, del più debole, del più fragile, di chi, senza qualcuno che gli tende la mano, non ha speranza di futuro.
Quell’istinto materno che non si improvvisa, ma va sviluppato nel tempo. Grazie Simona, Jessy e Wibe, per avercelo ricordato e testimoniato. Anche a costo della vita.