L’io si costruisce nella relazione
Il bisogno di vicinanza, protezione, sicurezza, insieme alla naturale spinta a esplorare liberamente l’ambiente, ad allontanarsi, a mettersi a prova, a conoscere il contesto nel quale si vive, a sperimentarsi insomma, è qualcosa che gli esseri umani condividono con gli altri mammiferi. Tuttavia c’è qualcosa di più e di diverso che caratterizza gli uomini e che non si ritrova nelle altre specie: il bisogno di riconoscimento, cioè di ricevere dagli altri riscontri positivi su come siamo. Questo bisogno precede e rende possibile la sintonizzazione con l’altro. I gesti di riconoscimento si esprimono attraverso tutti quei comportamenti diretti a un’altra persona che hanno lo scopo di confermare il suo valore e la sua esistenza, come quando sorridendo pronunciamo il suo nome, quando diamo un cenno di approvazione o compiamo un’azione di stima o di affetto nei suoi confronti.
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Nella vita adulta, un bambino cresciuto in un clima familiare di sistematico disconoscimento delle sue reali intenzioni e della sua soggettività, soffrirà probabilmente di un analfabetismo affettivo ed emotivo che potrebbe dar luogo a un disturbo della personalità. Nell’intersoggettività ci si influenza reciprocamente in positivo ma anche in negativo.
L’adulto, diversamente dal bambino, instaura legami paritari e reciproci per dar vita a una relazione affettiva all’insegna del dialogo, della fiducia, della stima e della cooperazione. Dentro questa cornice, che tiene uniti due amanti, la natura pone un imperativo: quello della sopravvivenza della specie. […]
Al di là delle ragioni evoluzionistiche, oggi uomini e donne aspirano sempre di più a confrontarsi con l’avventura, a volte eccitante, altre affannosa, di appartenersi a vicenda. Ecco allora che, rispetto ai grandi piani che la natura ha su quell’incontro intimo e unico di due esseri umani, l’uomo e la donna, oggi più di ieri, sono alla ricerca di una maggiore connessione per una migliore qualità di vita insieme. Nell’esplorare la relazione affettiva con l’altro, c’è un presupposto da tener presente: tanto più l’incontro con gli altri è affettivamente significativo, tanto più diventiamo consapevoli di quello che individualmente siamo.
Nell’evoluzione umana, l’aggregazione al gruppo non solo ha permesso all’uomo primitivo di compiere enormi progressi dal punto di vista materiale, garantendogli la sopravvivenza fisica, ma anche di avvicinarsi sempre di più a cogliere il significato psicologico di se stesso in quanto essere in relazione. La persona, infatti, diviene pienamente consapevole della propria esistenza nel momento in cui viene amata da un’altra persona che gli dà modo di scoprirsi e riconoscersi. Dunque, senza nulla togliere alla verità del Cogito ergo sum, del penso dunque sono, potremmo quasi provare a completare la celebre espressione in questo modo: Sono in quanto penso e mi relaziono.
Da Angelo Alessi, NOI DUE, istruzioni per una sana vita di coppia (Città Nuova, 2018) pp. 168; € 15,00