L’inventiva dell’amore

Jef Huys aveva anticipato il suo ingresso in una casa di riposo per mettersi al servizio degli altri

Jef si muoveva con familiarità in quella casa di riposo di cui era ospite da parecchio tempo. All’inizio, per anni,  vi si era recato tutti i giorni, dovendo assistere la sua amatissima moglie Monique, malata di alzheimer. Da lei aveva avuto sei figli; entrambi avevano trascorso parecchi anni in Burundi, Jef ben venticinque. Durante quel periodo di assistenza alla moglie, aveva avuto modo di conoscere tante persone ricoverate in quell’istituto, spesso sole, bisognose di affetto e a volte di piccoli servizi. Alla morte di Monique, essendo ancora in buona salute, Jef avrebbe potuto continuare a vivere comodamente a casa sua, ma aveva deciso di stabilirsi anche lui lì, mettendosi al servizio dei meno abili.

 

Così, ogni mattina, faceva il suo giro distribuendo la posta ai vari ospiti: un’occasione per un breve saluto, per un sorriso. A volte coglieva in qualcuno il bisogno di essere ascoltato, la necessità di riversare su un altro le lamentele per una notte insonne, la solitudine o una sofferenza profonda, e allora si fermava un po’ con loro. C’era chi aveva bisogno solo di un po’ di affetto e dopo qualche parola si accontentava di tenergli la mano, a lungo.

 

Tra quelli che visitava vi era una signora gravemente handicappata: tutta raggomitolata su sé stessa, impossibilitata a muoversi e priva della parola, si lamentava in continuazione. Jef le si sedeva accanto, cercava di parlarle; provava pena nel vederla così, avrebbe voluto aiutarla, ma non si riusciva a capire cosa avesse e anche il personale curante era impotente. Ad un tratto, ecco una brillante idea. Da artista qual era (Jef era stato pittore e anche valente scultore, quindi la creatività non gli mancava), ha pensato di realizzare una serie di cartelli che indicavano alcuni le varie parti del corpo, altri vari tipi di dolori fisici. Poi, accanto alla signora, si è messo a passarli in rassegna ad uno ad uno, finché lei con un dito, l’unico che sapeva muovere, ha indicato dov’era il suo problema: si trattava di un forte prurito in tutto il corpo, causato da un’allergia dovuta ad una medicina. Sorpresi e ammirati, infermieri e dottori finalmente hanno capito come comunicare con la loro paziente. Era un’idea semplicissima, da far circolare poi in altri istituti, come infatti è avvenuto.

 

Oltre alle visite, Jef apriva la sua stanza all’accoglienza di persone sole, con problemi anche di alcol, che venivano da fuori per ricevere un consiglio e a volte anche un piccolo aiuto. E ciò senza dimenticare la sua famiglia, figli e nipotini che visitava, o per i quali pregava. Aveva anche ripreso a dipingere delle grandi icone (con la tecnica originale), raffigurando scene evangeliche con ricchezza di dettagli e simboli teologici di grande profondità. Aveva voluto esporle in una mostra personale nel refettorio della casa aperto al pubblico. Era una gioia per lui accogliere i visitatori, illustrando ogni opera con una ricchezza di contenuto tale da risultare una vera e propria catechesi.

 

Dopo tanti anni di donazione, ora Jef ha 93 anni e un po’ alla volta ha dovuto rinunciare ai suoi talenti, ha perso tante facoltà (ora è anche completamente cieco). Si sta spogliando di tutto e taglio dopo taglio si sta preparando all’ultimo viaggio.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons