L’Internet di Trump
Nelle recenti elezioni statunitensi, tutti i media utili per “profilare” (cioè definire gusti e orientamenti) e influenzare gli elettori sono stati utilizzati come mai prima dai due contendenti. Dal microtargeting all’analisi predittiva, dalle vecchie mail ai social, dalla profilazione psicologica al data mining, dalla tv al marketing, tutto è stato sfruttato.
Gli obiettivi erano semplici: prima di tutto riuscire a “guardare nella testa degli elettori”, per capire cosa desideravano, cosa temevano, di cosa discutevano, per cosa erano arrabbiati, in pratica quali erano e come si modificavano le loro emozioni e i loro sentimenti fondamentali, settimana per settimana, man mano che si avvicinava la data delle elezioni.
Il secondo obiettivo, conseguente, era modificare le strategie politiche in modo che fossero gradite alla gran parte degli elettori. Per far questo bisognava analizzare, con sofisticati algoritmi, tutto quello che correva nelle autostrade di Internet, soprattutto nei social, estraendo gli argomenti sensibili e gli umori quotidiani, per definire le priorità, le parole da pronunciare nei talk show e nei raduni di partito.
Infine l’ultimo obiettivo era influenzare direttamente gli elettori con telefonate, frasi ad effetto, messaggi nei social, attacchi mirati, menzogne e notizie ingannevoli. Questo terzo obiettivo era facilitato dal fatto che il nostro cervello tende a comprendere immediatamente e ricordare i messaggi che confermano le proprie convinzioni, anche se improbabili.
Politifact, un sito che verifica i fatti, stima che circa il 70 per cento delle dichiarazioni pubbliche di Trump contenessero menzogne. Secondo Buzzfeed il 38% dei post su Facebook dei Repubblicani era falso o ingannevole, contro il 19% dei Democratici (fonte Nova24). Quanto tutto questo sforzo abbia effettivamente influenzato gli elettori è però un altro discorso, nessuno lo sa con precisione.
Resta il fatto che Trump è il Presidente degli Stati Uniti e si cominciano a valutare le sue affermazioni in campagna elettorale anche nei confronti della Rete. Per esempio nel 2014 Trump si era detto contrario alla “neutralità” della Rete, il principio attualmente in vigore per cui tutti i messaggi hanno uguale priorità. Contro questo principio, c’è chi vorrebbe creare corsie preferenziali per chi paga di più: maggiore velocità a fronte di maggior costo. Questo è il primo grande timore degli internauti.
Il secondo interrogativo riguarda il passaggio di Icann, l’organismo che gestisce la rete Internet mondiale, dalla gestione statunitense, come è stato fin dalla sua fondazione, al controllo internazionale (Russia e Cina comprese). Sul sito di Trump una nota affermava che gli Usa “non dovrebbero” cedere il controllo della Rete alla comunità mondiale.
Per fortuna, ribattono all’Internet Society, Trump è arrivato tardi: il passaggio di Icann sotto controllo internazionale è infatti ufficialmente avvenuto durante l’Internet Governance Forum svoltosi a Venezia il 14 e 15 novembre 2016 e sarà confermato nel prossimo meeting globale del 6-9 dicembre a Guadalajara in Messico. Come andrà a finire questa telenovela che interessa 3 miliardi di utenti Internet nel mondo?