L’integrazione europea si consolida nelle scuole
Prendiamo uno dei tanti possibili parametri per misurare la percezione che gli spagnoli hanno dell’integrazione europea: quello degli studenti Erasmus. Osservandolo, dovremmo arrivare alla conclusione che il senso di questa appartenenza sia cresciuto. Nonostante si siano irrigidite le condizioni per ottenere una di queste borse di studio per fare un periodo all’estero, e nonostante la crisi economica, la Spagna è il Paese con più studenti impegnati nel programma Erasmus, seguito dalla Germania, Paese quest’ultimo che duplica quasi la popolazione della Spagna e il cui reddito pro capite oltrepassa quello della Spagna di un 30 per cento.
Il dato economico non è secondario, perché non sono sempre uguali in ogni Paese le condizioni per ottenere una borsa Erasmus. Nel caso degli studenti spagnoli, oltre l’aiuto Ue, ci vuole un’integrazione da parte del ministero dell’Educazione centrale, alle volte anche da parte dei governi autonomi, e in qualche caso pure l’aiuto delle stesse università. Da non dimenticare poi lo sforzo delle singole famiglie per mantenere un figlio in un Paese straniero. Eppure, secondo i dati di Eurostat, nel corso 2011-2012 sono stati ben 39.545 gli studenti spagnoli a realizzare un Erasmus, davanti ai 33.363 tedeschi e ai 33.269 francesi.
C’è poi da segnalare che il feeling studentesco tra la Spagna e l'Europa è reciproco. Infatti, la meta più popolare per gli studenti europei per l’Erasmus sono le università spagnole. L’Università di Granada e la Complutense di Madrid occupano i primi due posti. Al terzo posto si colloca l’italiana Bologna, e seguono altre due università spagnole: Siviglia e Valencia.
Gli studenti dimostrano il volto autentico dell’integrazione europea che comporta la piena mobilità dei cittadini in uno spazio senza frontiere. Dovremmo poi guardare con più attenzione anche ai viaggi delle persone per turismo, motivi di famiglia e soprattutto per lavoro. È proprio il lavoro il motivo che storicamente ha spinto più spagnoli a guardare all’Europa con speranza. Forse è questa la ragione che sta dietro l’interesse di tanti studenti che vanno a formarsi fuori dal proprio Paese.
A questo riguardo, negli ultimi tempi si è diffuso molto attraverso i media il mito degli spagnoli che emigrano all’estero in cerca di lavoro, soprattutto in Germania, ma sembra che i dati smentiscano tale convinzione. Uno studio realizzato dal sindacato Ccoo analizza diverse fonti e mette in dubbio l’idea della massiccia emigrazione di lavoratori spagnoli, perché sarebbe basata su dati parziali. La conclusione dello studio assicura che in realtà sono usciti dalla Spagna non più di 40 mila persone. Ma la cifra non include il gran numero dei lavoratori stranieri, 200 mila, rimasti senza lavoro e perciò costretti alla migrazione di ritorno.
Questi dati non danno che una visione molto parziale della sensibilità degli spagnoli nei confronti dell’Europa. Bisognerebbe contemplare anche il lavoro delle varie istituzioni nel diffondere le campagne promosse da Bruxelles, così come lo sforzo educativo che fa la scuola per creare una mentalità più continentale, oppure quanto influisce la tv anche in questo senso.
È, inoltre, molto diversa la percezione tra la popolazione delle città, in particolare in quelle più grandi, e quella della campagna. Sono ormai decenni che la Spagna è un punto di arrivo di flussi migratori esterni: è al decimo posto, accanto all’Australia, tra i Paesi che ricevono stranieri (6,5 milioni registrati nel 2013, secondo dati dell’Onu). La loro presenza è ormai normale tra la popolazione, nelle strade, al supermercato o nelle scuole. Non sono solo europei. Come dice un amico di Bilbao, è più frequente sentir parlare arabo per le strade di questa città, che si trova all’estremo Nord della penisola, che non l’euskera, la lingua dei baschi.