L’inossidabile poesia del Circo invisibile

Fino al 23 dicembre all'Auditorium Parco della musica di Roma incanta grandi e piccini con gli strepitosi sketch di Victoria Chaplin e Jean-Baptiste Thierrée
Le cirque invisible

Non finisce di stupire Le Cirque invisible di Victoria Chaplin e Jean-Baptiste Thierrée. Perché non conosce l’usura del tempo. In trent’anni di vita non ha perso tutta la sua magia e freschezza: quella emanata da dettagli e gesti minuti, da espressioni facciali e piccoli oggetti creati con originale fantasia da Victoria Chaplin e Jean-Baptiste Thierrée. È tale il fascino e l’incanto che la straordinaria e longeva coppia di artisti sa creare, che si rimane totalmente avvinti. Unico nel suo genere, l’immaginifico Cirque, in epoca di effetti speciali e tecnologia 3D, riconcilia con la bellezza.

Quella che nasce da materiali poveri e dalla poesia del cuore. Chi l’ha già visto – come il sottoscritto, la prima volta venticinque anni fa, e, ancora, di recente – non si stanca di rivederlo. E il successo internazionale da oltre un trentennio lo attesta. La formula semplice, ma estremamente fantasiosa, ne ha fatto un evento inimitabile. Che vive della bravura e dell’abilità dei due celebri artisti antesignani dell’arte teatrale sotto lo chapiteau, capostipiti della grande scuola francese e del fenomeno del nouveau cirque che ne è seguìto.

Lui, già attore di Peter Brook, di Resnais e di Fellini, faccia buffa incorniciata su un cespuglio di capelli bianchi; lei, figlia del grande Charlot, sessantenne ma ancora agile, leggera e snella come una ragazzina, danno vita a un susseguirsi di sketch surreali e divertenti trasformandosi di volta in volta in prestigiatori, funamboli, clown, acrobati, musicisti. Creano macchine sceniche con abiti e fogge d’epoca che trasformano via via in maschere, in animali, in pupazzi viventi.

Lui, faccia stralunata, si diletta in giochi di prestigio imprevedibili che strappano risate; appare in abiti e valigie assurde tappezzate di paesaggi, frutta, strisce in bianco e nero da zebra, con i quali si mimetizza; canta e saltella come un fanciullo; insegue bolle di sapone e fa una schedatura delle diverse tipologie di pesci con dei semplici pezzi di carta, umanizzandoli.

Lei scivola leggiadra scomparendo dentro gonne vaporose; manovra un set d’ombrelli orientali trasformandosi in invisibile samurai; attraversa la scena su un monociclo, svanisce in un grande vaso e, pedalando una bici, improvvisa un motivo musicale; poi s’inerpica in equilibrio ondeggiando su un filo teso, appendendosi anche a testa in giù; compone un’altra musica con pentole e pentolini attaccati in varie parti del corpo, compreso un enorme bicchiere sulla testa.

Insieme, poi, danno vita a una girandola fantasiosa utilizzando ruote di diverse dimensioni, anche queste indossate e manovrate con imprevedibile inventiva. Non mancano conigli, colombe e oche starnazzanti. Come un vero e proprio circo che si rispetti. Insomma, non perdete Le cirque invisible. Incanta adulti e piccoli. E si esce contenti e leggeri.

 All’Auditorium Parco della Musica di Roma, fino a 23 dicembre.

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