Lingue minori, la Spagna ne chiede all’Ue il riconoscimento
Qualche mese fa mi trovavo al centro medico con il quale sono convenzionato. Mentre aspettavo in sala d’attesa di essere chiamato dal mio medico di famiglia, ho assistito ad una scena piuttosto insolita, almeno per me. Una coppia di stranieri, evidentemente asiatici, cercava di farsi capire da un’infermiera. Per un istante mi sono chiesto come avrebbero fatto quegli asiatici a spiegare soltanto a gesti il problema, il dolore o la medicina di cui avevano bisogno. Ma l’uomo ha tirato fuori il suo cellulare (o un aggeggio simile) e ha pronunciato nella sua lingua una frase breve, poi ha avvicinato il dispositivo all’infemiera e questa ha fatto cenno di aver capito… Ma guarda come siamo avanti con la tecnologia, ho pensato. A dir la verità un certo dubbio sulla precisone comunicativa tra l’asiatico e l’infermiera mi è rimasto.
Questo episodio mi è tornato in mente il 17 agosto, mentre seguivo in tv la sessione costitutiva del Congresso dei Deputati (la Camera), dopo le elezioni generali che si sono tenute in Spagna il 23 luglio scorso. Lo scopo principale della sessione era quello di designare la presidenza del Congresso ed eleggerne il presidente, la terza autorità dello Stato dopo il re e il capo del governo (primo ministro). La persona eletta a maggioranza è stata la socialista Francina Armengol, originaria delle Isole Baleari, che nel suo primo discorso da neo-eletta ha subito promesso, fra l’altro, di accettare alla Camera l’uso delle lingue minoritarie: catalano, galiziano e basco. Anzi, è stata immediatamente fatta la proposta, inviata a Bruxelles dal ministro degli Esteri ad interim, che queste tre lingue siano considerate ufficiali anche dall’Unione europea. Ecco una questione più che intrigante per i giornalisti in un periodo estivo povero di notizie curiose da divorare.
La presidente Armengol, il giorno dopo, ha però dovuto chiarire che forse subito non sarà possibile mettere in atto la sua proposta. Bisogna considerare le difficoltà tecniche ed economiche che ciò comporta. Ma ci sono anche questioni legali che richiederebbero addirittura modifiche costituzionali: la sola lingua considerata ufficiale in tutto il territorio spagnolo è infatti il castigliano (detto anche spagnolo), mentre le altre sono sì ufficiali, ma solo nei rispettivi territori. Definire una lingua “ufficiale” implica che non solo i discorsi possono essere pronunciati in una qualsiasi delle lingue, ma che tutta la documentazione deve essere prodotta e stampata nelle varie lingue ufficiali. Immagino che ora la presidente Armengol si stia chiedendo come far fronte alla grossa spesa di traduttori, inchiostro, carta, classificazione, archiviazione, ecc.
Il noto giornalista Iago Eguileta, in un articolo pubblicato su El Economista del 18 agosto, riprende un’inchiesta fatta nel 2019 dal Pew Research Center (centro studi statunitense che raccoglie ed elabora informazioni su problemi sociali), secondo la quale l’81% degli spagnoli sono di madrelingua castigliana, l’8% catalana, il 4% valenciana (per molti linguisti è un dialetto del catalano), il 3% galiziana e l’1% basca. Il 3% restante avrebbe come linguamadre vari dialetti poco diffusi. Con queste percentuali e con i dati della popolazione di ogni regione, del 2023, Eguileta fa i suoi calcoli: 6,7 milioni di persone hanno il catalano come linguamadre; 2,7 milioni il galiziano; 1,5 il basco. Certo, Eguileta non entra nella polemica, ma evidentemente offre i dati perché ogni lettore decida se, su 47,4 milioni di abitanti della Spagna (2021), una minoranza possa complicare e fino a che punto l’attività politico-amministrativa dell’intero Paese.
Riguardo a Bruxelles, non è la prima volta che un governo spagnolo sollecita l’ammisione di queste tre lingue come ufficiali nel Parlamente Europeo. Lo fece anche nel 2004 un altro governo socialista e l’Europa disse di no, perché non si tratta di lingue ufficiali dello Stato, ma delle rispettive regioni autonome. Al momento attuale, la lettera del ministro degli Esteri spagnolo, che chiede la modifica della normativa del regime linguistico in uso nel Parlamento Europeo, avrà una risposta solo dopo il prossimo Consiglio Affari Generali (Gac) che si svolgerà il 19 settembre. Secondo molti analisti, la risposta sarà di nuovo negativa se prima non si produce una modifica nella Costituzione spagnola, e anche perchè accettare aprirebbe le porte a molte aspirazioni linguistiche degli altri Paesi dell’Unione. Se oggi al Parlamento Europeo le lingue ufficiali sono già 24, cosa succederà se diventassero più di 200?
_