L’inferno di Borgo Mezzanone

Nel ghetto della baraccopoli a sud di Foggia. Il libro denuncia di Luca Maria Pernice
Il 'ghetto' di Borgo Mezzanone. ANSA/Franco Cautillo

È un viaggio doloroso quello che Luca Maria Pernice, giornalista pugliese, racconta in Schiavi d’Italia (Paoline 2024). Tuttavia è un viaggio necessario per capire le dinamiche dell’immigrazione e dello sfruttamento, le condizioni di vita e di marginalità di molti immigrati e i rischi della proliferazione di un mondo a parte, dove le regole sono altre rispetto a quelle della Repubblica e la dignità della persona un miraggio.

La baraccopoli che si sviluppa intorno al Cara (centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Borgo Mezzanone, comune a sud di Foggia nel Tavoliere mette insieme tutti questi aspetti, rivelandosi come un luogo di disperazione e afflizione profonda. La baraccopoli non c’è bisogno di immaginarla, basta guardare le riprese dall’alto di Google map per rendersi conto di quale inferno è.

«Tutti sanno, tutti vedono, tutti girano al largo o magari ci vanno in cerca di attività illegali», dice don Luigi Ciotti nella introduzione al libro. «Nessuno fa nulla, perché è una terra di nessuno, appunto. Si lasciano crescere il degrado, la sporcizia, gli abusi i giri criminali. Si lascia che quell’umanità abbandonata a sé stessa sfoghi la propria rabbia e frustrazione in qualsiasi modo, purché rimanga dentro quei confini invisibili che le abbiano assegnato».

Borgo Mezzanone è un crocevia di speranze deluse, di promesse fallaci, di uomini in cerca di un futuro che doveva essere migliore e invece si rivela drammatico. Nonostante tutto, scrive Pernice, «nel 2017 è diventato uno dei ghetti più grandi non solo della Capitanata, ma d’Italia e d’Europa». Le persone che vi risiedono sono, loro malgrado, protagonisti di dinamiche economiche inique e perverse le quali, abbassano i prezzi e incrementano i consumi, sfruttando lo stato di necessità e di bisogno di migliaia di persone.

«In un’economia sana – scrive ancora don Ciotti – non sarebbe consentito alla grande distribuzione di imporre prezzi così bassi per l’agroalimentare, tali da offrire l’alibi agli imprenditori senza scrupoli per abbassare ai minimi le paghe e le tutele dei lavoratori; chiunque si ribellerebbe a pomodori venduti per pochi centesimi al chilo, perché raccolti a tre euro l’ora: gli agricoltori, i distributori, ma anche i consumatori, cioè ciascuno di noi».

Quei prezzi però ci sono e sono determinati dall’intermediazione illegale dei caporali che da sempre in Puglia sono sinonimo di sfruttamento e schiavitù. A subire le conseguenze sono in particolare i lavoratori migranti, ma non mancano quelli italiani. Borgo Mezzanone è un serbatoio a buon mercato che approvvigiona la manodopera per i 550 mila ettari di terreni agricoli del Tavoliere.

Schiavi d’Italia – copertina

Le sue vicissitudini sono quelle del fenomeno migratorio iniziato fin dagli anni Novanta con lo sbarco degli albanesi in fuga dal regime. Oggi il Cara convive con la baraccopoli che, spiega Luca Pernice «è’ una città. Con le sue strade, i suoi quartieri. E i suoi negozi. Non manca nulla. C’è la parte anglofona e quella francofona, in base ai Paesi di provenienza dei migranti, ex colonie delle potenze europee. C’è anche una discoteca – poi abbattuta dalle ruspe a febbraio del 2019 – e c’è una moschea». Ma Borgo Mezzanone è anche un luogo dimenticato da Dio, un inferno, appunto. «Qui non c’è alcuna forma di legalità – scrive Pernice –, ma non c’è neanche alcuna forma di umanità. Di qualcosa che assomigli a una vita dignitosa. Neanche lontanamente. Ma è la vita di quei migranti. E non l’hanno potuta scegliere».

L’illegalità è una zona d’ombra in cui tutto può accadere, dallo sfruttamento della prostituzione, allo spaccio di droga e agli intrecci perversi con altri gruppi criminali. I tentativi di cambiamento ci sono. Il progetto della ‘cittadella dell’accoglienza’ per esempio; la foresteria regionale ma occorre sgomberare l’esistente. Un problema non da poco dati le migliaia di persone che la baraccopoli ospita.

Le azioni infrastrutturali, però, non sono sufficienti: bisogna riconsiderare i rapporti di potere nella filiera agricola e alimentare per restituire dignità ai lavoratori. «L’impegno politico per costruire una filiera produttiva più giusta e restituire dignità e libertà alle persone è imprescindibile» sostiene Luca Pernice. «Ma da solo non basta. Il caporalato è un fenomeno complesso che richiede un’azione di prevenzione economica, sociale e culturale. un’azione che ci riguarda tutti, che chiama in causa ciascuno di noi».

I prezzi bassi e le super-offerte dei supermercati che al consumatore sembrano risparmi, in realtà sono diritti e dignità violata di altri. Schiavi d’Italia lo racconta con chiarezza.

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