L’inferno del Nord

Il belga Johann Van Summeren conquista l’edizione 109 della Parigi-Roubaix, la “Regina delle Classiche”. Corsa funestata da numerose cadute e dalla polvere del percorso
Il ciclista Johann Van Summeren
Se le immagini fossero in bianco e nero il sospetto, per un attimo, sarebbe quello di vivere il ciclismo di un’altra epoca, quello di Coppi e Bartali per intenderci. Vivere la Parigi-Roubaix, assaporare le immagini trasmesse dalla tv vuol dire fare un salto a piè pari dentro il cuore della storia del ciclismo. Sarà perché i corridori la definiscono la classica regina, sarà per via di quel particolare porfido, che in Francia chiamano “pavé”. In ogni caso la Roubaix rimane una corsa d’altri tempi, in un ciclismo fatto di tecnologia e biciclette studiate nella galleria del vento.

 

 

Lungo i 260 chilometri del tracciato, i corridori affrontano 27 settori di strada agricola, non asfaltata, lastricata da grosse pietre distanti l’una dall’altra anche cinque o sei centimetri. La parola d’ordine è una sola: “sopravvivere”! Sopravvivere a un inferno fatto di sabbia, polvere e fango, dove l’imprevisto di una caduta o di una foratura è sempre dietro l’angolo. Eppure ogni pietra del pavé sembra racchiudere una storia, un racconto, una goccia di sudore e un pizzico di poesia che rende irresistibile e intramontabile il fascino di questa corsa. Così capita di scovare corridori, come il cileno Ivan Carlos Oyarzun Guinez, che si presentano ai nastri di partenza solo per il gusto di esserci e partecipare, per sfidare con coraggio e un filo d’incoscienza l’indomabile pavé e poi se non si arriva all’arrivo poco importa.

 

Alzare le braccia sul traguardo di Roubaix è un privilegio concesso solo a quei corridori capaci di trasformare l’inferno delle pietre del nord in una porta che conduce al paradiso. La polvere infatti rende estremamente instabile l’equilibrio durante la gara. Lo sa bene il belga Johann Van Summeren, uno spilungone di quasi due metri, che di mestiere fa il gregario, arte riassunta in una parola: aiutare.

 

Per una volta il destino sembra aver sovvertito l’ordine delle cose, consacrando l’amore di Van Summeren per la Parigi-Roubaix dichiarato già qualche anno fa – con un ottavo e un quinto posto – e lasciando alla finestra i grandi favoriti della vigilia, in primis lo svizzero Fabian Cancellara che ha sofferto la marcatura stretta degli avversari. «Ero il più forte, non ho vinto, il secondo posto vale per me come una vittoria», ha dichiarato il corridore di Berna dopo l’arrivo.

 

Difficile, quindi, contenere la gioia per il gregario Johann, da sempre abituato a costruire successi altrui, soprattutto dopo aver interpretato una Roubaix da primo della classe: allungo nello storico tratto della foresta di Aremberg e attacco decisivo sul pavé del Carrefour de l’Arbre, il settore più difficile posto a quindici chilometri dal traguardo. «Sono l’uomo più felice del mondo! Oggi è una giorno speciale, la mia fidanzata Jasmin mi ha chiesto di sposarla. Al posto dell’anello le regalerò la storica pietra della Roubaix. Il trofeo del vincitore». Storia di un gregario corridore proletario, che ai campioni di mestiere deve far da cameriere e sul piatto senza gloria serve loro la vittoria.

 

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