L’India alla sua prima missione su Marte
Martedì 5 novembre rappresenta un momento importante, forse una svolta storica, nel programma di ricerca spaziale al quale si dedica da tempo l’India, grazie all'Indian space research organisation (Isro). Alle 14.38 (ora locale indiana), infatti, dal Mission control centre di Sriharikota nello Stato meridionale dell’Andhra Pradesh, è stato lanciato il Polar satellite launch vehicle (PSLV-C25), una navicella che dovrebbe arrivare su Marte.
Dopo un viaggio nello spazio di circa 300 giorni, dovrebbe raggiungere l'orbita di Marte nel settembre 2014. La Mars orbiter mission (Mom), come è stata definita, è la quarta missione di questo tipo, dopo quelle lanciate con successo da Stati Uniti, Russia e Unione europea. Con il successo, per ora almeno in fase di lancio, il Paese asiatico è diventato il primo a realizzarlo fra altri concorrenti di quel continente, che da tempo vi stanno lavorando: Cina, Giappone e Corea del Sud.
Si tratta della venticinquesima missione spaziale portata a termine dall’agenzia spaziale indiana, a conferma di una notevole capacità sia di ricerca che di progettualità anche in questo settore da parte della nazione asiatica.
La navicella è conosciuta in India come Mangalyaan (nave marziana) ed è il frutto di un progetto approvato nel 2012, che ha visto scienziati e maestranze lavorare a ritmi sostenuti per trarre profitto da un allineamento particolarmente favorevole tra la Terra e Marte, una condizione che permette al Mom di risparmiare carburante durante il viaggio verso il pianeta rosso. In caso di fallimento si sarebbe potuto ritentare entro il 19 novembre o attendere per altri 26 mesi (circa due anni) per avere un assetto assiale altrettanto favorevole fra il nostro pianeta e Marte.
La sonda che entrerà nell’orbita di Marte porta cinque carichi, che serviranno per studiare l'atmosfera e la superficie di Marte. Si tratta di un Lyman alpha photometer, che misura la perdita d'acqua di Marte nell'esosfera e nell'alta atmosfera; un Methane sensor for Mars, progettato per misurare la presenza di metano e mapparne le fonti; un Infrared thermal imaging spectrometer (Tis), che misurerà le emissioni termiche per tracciare la composizione della superficie e la presenza di minerali. Tenendo conto che il metano può indicare esistenza di vita, il Tis lavorerà con il sensore di metano per determinare la presenza di forme di vita e la natura.
Il progetto non ha lasciato indifferente l’opinione pubblica indiana. Alcuni commentatori hanno fortemente criticato la decisione del governo, tenendo conto che l’intera missione ha un costo complessivo che si aggira sui 95 milioni di dollari. Ovviamente si dibatte fra i benefìci di un progetto di ricerca di questo tipo, come sostengono coloro che sono a favore della missione, e la situazione di estrema povertà in cui si trovano ancora larghe fasce della popolazione indiana. Anche se l’India, infatti, si è imposta negli ultimi anni come uno dei Paesi emergenti, capaci di un grande balzo in avanti insieme ad altre nazioni asiatiche, che rappresentano già il presente e il futuro dell’economia mondiale, non si può ignorare che milioni di persone restano ancora sotto la soglia di povertà e non possono permettersi più di un pasto al giorno.
Ovviamente, il progetto Marte e la missione corrispondente rappresentano un altro aspetto della competizione fra potenze asiatiche (India, Cina, Corea del Sud e Giappone) che non si limita a questioni di carattere economico e finanziario, ma anche alla necessità di imporre delle egemonie chiare per i decenni futuri. Quello delle ricerche spaziali resta senza dubbio un aspetto prioritario negli equilibri fra questi Paesi.