L’inclusione sociale dei poveri (Evangelii Gaudium 186-192)
Come si può affermare di amare Dio che non si vede se non lo si riconosce nel fratello in difficoltà che ci passa accanto?», si chiede papa Francesco: «Rimanere sordi a quel grido, quando noi siamo gli strumenti per ascoltare il povero, ci pone fuori dalla volontà del Padre e dal suo progetto»: quel povero «griderebbe al Signore contro di te» e, ricorda terribile il Siracide (4,6), «se egli ti maledice nell’amarezza del suo cuore, il suo creatore ne esaudirà la preghiera».
Papa Francesco continua implacabile: l’aiuto ai poveri «non è una missione riservata ad alcuni», tutti devono «collaborare per risolvere le cause strutturali della povertà», e tutti devono anche compiere «i gesti più semplici e quotidiani di solidarietà di fronte alle miserie concrete che incontriamo»; questo ricordando che «la funzione sociale della proprietà (…) è una realtà anteriore al diritto di proprietà (…) e che il possesso dei beni si giustifica per custodirli ed accrescerli perché meglio servano al bene comune».
Quindi Francesco esorta ad ascoltare e rispettare anche i diritti dei popoli e a «non utilizzare i diritti umani per una difesa esacerbata dei diritti individuali e quelli dei popoli ricchi»; anzi propone – cosa che oggi scandalizza – di «rinunciare ad alcuni dei loro diritti per mettere con maggiore liberalità i loro beni a sevizio degli altri», perché «tutti i popoli possano giungere con le loro forze ad essere artefici del loro destino».
Ricorda poi ai suoi più vicini che il messaggio del Vangelo è «chiaro, diretto, semplice ed eloquente», e «la riflessione della Chiesa non dovrebbe oscurare o indebolire (…) ma piuttosto aiutare a farlo proprio, con coraggio e fervore». Ed infine sostiene che i «difensori dell’ortodossia» non devono diventare complici di «situazioni di ingiustizia intollerabili e di regimi politici che li mantengono».
Se Gesù tornasse tra di noi in questi tempi, non avrebbe parole diverse.
Alberto Ferrucci
imprenditore