L’impronta dell’uomo

Come stiamo modificando lo stato del pianeta. Le nostre tracce geologiche permanenti

Il nostro pianeta, come tutti i pianeti, nei suoi circa 4,5 miliardi di anni di vita ha avuto una storia naturale, una evoluzione che gli scienziati cercano di schematizzare dividendola in ere. Ogni era viene riconosciuta da qualche preciso segno indelebile impresso negli strati  geologici.

Il periodo più recente, in particolare, è stato caratterizzato da un’era glaciale (Pleistocene) – iniziata tre milioni di anni fa, durante la quale i ghiacciai ricoprivano buona parte dei continenti con temperature medie sotto lo zero –, seguita da un’era interglaciale (Olocene) tuttora in corso.

L’Olocene è iniziato 11.700 anni fa, nel momento in cui i ghiacciai si sono ritirati dalla superficie terrestre, per cui il clima è diventato abbastanza stabile e mite. Tutta la  storia dell’uomo moderno, dalla nascita dell’agricoltura in poi, si svolge  in questo periodo.

Da qualche tempo, però, nei convegni e sulle riviste scientifiche si discute se non sia ora di riconoscere che è iniziata una nuova era nella vita del pianeta: l’Antropocene, cioè l’era dell’uomo. Bisogna però stabilire se effettivamente la razza umana, in poche migliaia di anni, abbia lasciato impronte indelebili, visibili e riconoscibili anche tra milioni di anni.

Dunque le domande sono  due: ci sono tracce geologiche “permanenti” causate dall’uomo? Sembra che la risposta sia positiva. E quando sarebbe cominciata l’Antropocene? Una data verosimile potrebbe essere il 1950, quando è iniziata una fortissima accelerazione nell’espansione della popolazione, nell’industrializzazione e nei consumi energetici (in particolare combustibili fossili), con conseguente inquinamento, alterazione del clima, aumento del livello dei mari ed estinzione di molte specie animali.

 

Plastica e cemento

Le tracce permanenti conseguenti a questa accelerazione sono di diversi tipi, a cominciare  da plastica e cemento. Una specie aliena che visitasse la Terra, anche tra molto tempo, noterebbe l’enorme diffusione di questi due detriti. Montagne di plastica inquinano tutto: rocce, montagne, città, laghi, fiumi, mari. Negli oceani si sono formate enormi isole galleggianti di plastica e immondizia. Anche il Mediterraneo è coinvolto: si calcolano tra mille e tremila tonnellate di detriti galleggianti, in particolare microplastiche quasi invisibili, che possono entrare nel ciclo nutritivo degli animali. Seconda traccia il cemento, usato fin dai tempi dell’antica Roma: è presente ovunque. Anche l’alluminio purificato (quello delle lattine), così come altri prodotti dell’industria tecnologica, cominciano a far parte degli strati sedimentari di oggi.

 

Particelle di carbone e plutonio

Terza traccia, le particelle carboniose prodotte dalla combustione fossile (centrali, automobili, impianti di riscaldamento). Diffuse in tutta l’atmosfera, queste particelle ricadono su rocce, ghiacci e… nei nostri polmoni. Quarta traccia il plutonio: questo pericolosissimo elemento inquinante radioattivo, prodotto dalle oltre 500 bombe nucleari fatte esplodere in atmosfera negli anni ’40 e ’50, si trova ormai al polo come sul fondo degli oceani, negli animali come nelle piante.

 

Anidride carbonica e metano

Per quanto riguarda i gas immessi in atmosfera, al primo posto c’è l’anidride carbonica (biossido di carbonio). La concentrazione di questo gas, responsabile del riscaldamento globale, è aumentata esponenzialmente dalla Seconda guerra mondiale in poi. Al secondo posto il metano prodotto dal bestiame e dalle attività di estrazione di gas naturale e disgelo del permafrost. Infine l’ossido di azoto: l’uso indiscriminato di combustibili fossili e fertilizzanti ne ha fatto crescere la concentrazione oltre i livelli naturali.

 

Estinzioni

L’uomo, in poche migliaia di anni, ha modificato la composizione dell’atmosfera, degli oceani, del paesaggio e della biosfera. In più, l’espansione del nostro stile di vita ha avuto come conseguenza la moria di molte specie animali. Trasferendo animali e piante in tutti i luoghi del pianeta, abbiamo rimescolato e omogeneizzato la biologia del mondo, privilegiando le specie che ci interessano e sterminandone altre.

 

Un pianeta instabile

L’umanità ha avuto la fortuna di nascere e svilupparsi in un periodo geologico, l’Olocene, relativamente stabile e favorevole, ma ora stiamo rendendo il pianeta e il suo clima più mutevoli e instabili. Stiamo segando il ramo su cui siamo seduti? Dov’è finita la nostra intelligenza e il nostro buon senso? C’è da restare comunque ottimisti, se non altro perché abbiamo visto, ad esempio, come siamo stati capaci in pochi anni, accordandoci a livello globale, di risolvere il pericoloso problema del buco di ozono, da noi stessi creato. Forse potremo risolvere, con lo stesso metodo, altri gravi problemi.

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