L’impresa sociale e la sfida di Bertinoro

A Bertinoro si incontra l’Italia dell’economia civile con la pretesa di offrire la risposta adeguata alle contraddizioni di un Paese diseguale in attesa della riforma del Terzo settore
bertinoro

Gli incontri nella splendida rocca di Bertinoro, a Forlì, sono promossi, con la forte elaborazione dell'economista Stefano Zamagni,  dal centro studi Aiccon che vede tra i suoi promotori la storica università di Bologna (Alma Mater) e l’Alleanza delle cooperative, un colosso della produzione e dei servizi in Italia che ha visto il suo presidente, Giuliano Poletti, passare direttamente a ricoprire l’incarico di ministro del lavoro e delle politiche sociali. Una scelta che equivale all’entrata nell’esecutivo del presidente di Confindustria e preannuncia la possibilità concreta di una riforma del terzo settore che non è una concessione o un dettaglio ma richiede una riscrittura coerente della normativa generale, a partire da quella fiscale non penalizzante per chi crea valore sociale, comprensiva del codice civile. La legge delega dovrebbe arrivare nella discussione del Parlamento entro Natale e potrebbe togliere vincoli e ostacoli alla realtà delle imprese sociali che già vedono impegnati un milione di posti di lavoro e potrebbero da subito produrne altro mezzo milione con la riforma della tassazione dell’Irap. Il solo consorzio Cgm Gino Matterelli, guidato da Stefano Granata, esprime mille imprese con 42 mila persone attive, di cui il 78 per cento assunto a tempo indeterminato e opera con notevoli risultati anche in settori come quello dell’edilizia che è notoriamente fermo non tanto per mancanza dei bisogni, ma per il prevalere di logiche del massimo profitto che frenano gli investimenti.

La questione dell’economia civile non può ridursi quindi alla creazione di un mercato accessorio a basso costo indotto dalla crisi dello stato sociale e della produzione industriale. Avanza un modo di fare impresa che mette in crisi il parametro dell’individualismo competitivo come “pensiero unico” e totalitario, come descritto da Zamagni che può tuttavia ammantarsi di vesti o maschere cooperative per continuare a mantenere una supremazia ideologica autodistruttiva. Difficile trovare aziende che non mettano sul sito web qualche attività benefica o dichiarazione di responsabilità sociale. Multinazionali di ogni genere finanziano fondazioni umanitarie. Di fatti, dal mondo anglosassone arrivano sempre più conferme della riscoperta della condivisione come elemento di “vantaggio competitivo” di lungo termine, ma si tratta di quella genialità originale dell’umanesimo civile prodotto dai liberi cittadini dei primi comuni italiani.

La vera sfida odierna, che l’edizione 2014 delle giornate di Bertinoro comincia ad affrontare è la verifica della contaminazione effettivamente prevalente tra il pensiero economico finora dominante, che può esibire come fiore all’occhiello una collaborazione con il non profit pervadendolo delle proprie categorie, e l’economia civile che va oltre il confine del mondo cooperativo e associazionistico per diventare la risposta alla desertificazione sociale determinata dal dominio della rendita sul lavoro. Da quest’esigenza vanno affrontate le belle e ricche esperienze di creazione di valore sociale e di lavoro, emerse a Bertinoro, che offrono uno sguardo non disperante su un Paese che vede espatriare storiche produzioni industriali e il nuovo interesse di investitori del capitale internazionale attirati dalle riforme strutturali che il governo Renzi si è incaricato di attuare. Quale effetto combinato tra riforma del lavoro e quella del Terzo settore? Cresceranno o diminuiranno i posti precari? Il welfare cooperativo segnerà la fine di quello statale?  Quali leve strategiche saranno orientate verso la crescita dell’economia civile e la lotta alla diseguaglianza che compromette ogni tentativo di democrazia economica? Sarà davvero l'uscita dalla gabbia del pensiero unico, come ha detto Poletti nel discorso conclusivo di Bertinoro, o una sua mutazione? Un discorso da continuare. 

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