L’importanza del viaggio di Francesco in Turchia

Il viaggio che papa Francesco inizia oggi in Turchia ha molti significati e si trova al centro di un vasto interesse internazionale ed ecclesiale. Le questioni sul tappeto sono molte ed il loro senso è molto diversificato a secondo delle prospettive e degli osservatori che cercano di leggere fra le righe di questo momento della vita di Francesco e della Chiesa
Papa Francesco in Turchia

Innanzi tutto, c’è la dimensione ecclesiale che presenta due capitoli importanti. Da una parte, ci sarà l’incontro con il Patriarca Bartolomeo, che segnerà un nuovo passo in avanti nel lungo cammino verso la piena comunione fra la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli. Francesco e Bartolomeo fin dal primo incontro, il giorno successivo alla messa di inizio pontificato del papa argentino, hanno dato vita ad un rapporto che ha rappresentato un punto di riferimento nella galassia di impegni e priorità che si presentavano al nuovo pontefice.

Da quel momento, il fatto di essere stato accolto come fratello e, segno importante, da un papa che si è da subito definito semplicemente ‘vescovo di Roma’ e che non saliva su un predellino più alto degli altri, la strada del dialogo si è avviata verso nuovi orizzonti. Ulteriori passi sono stati compiuti a Gerusalemme, nella scorsa primavera, e qualche settimana più tardi, in giugno, durante la preghiera in Vaticano per la pace, dove Bartolomeo era con il papa a pregare insieme ai due leader, israeliano e palestinese.

Nel corso del viaggio il “Papa va a condividere la gioia e la celebrazione di quella Chiesa – ha affermato il segretario di Stato card. Parolin – e va anche per firmare una dichiarazione comune, una dichiarazione che si colloca un po’ sulla scia di quella già firmata a Gerusalemme, nel maggio scorso”. È evidente l’intenzione prioritaria di Francesco di “rafforzare i legami di amicizia, di collaborazione, di dialogo fra le due Chiese e di esprimere preoccupazione per la situazione e la sorte di tanti fratelli cristiani che si trovano in condizioni di difficoltà e di persecuzione, soprattutto nella regione del Medio Oriente.”

È questo il secondo aspetto che Francesco dovrà affrontare. Si tratta di un ambito ben più doloroso e dagli orizzonti piuttosto foschi. Come si sa, la presenza dei cristiani nelle zone del sud del Mediterraneo e di tutto il Medio Oriente è sempre più a rischio. La Turchia è in questo contesto uno dei Paesi dove i cristiani sono una presenza davvero minuscola. A causa del mancato riconoscimento giuridico delle minoranze, e del progressivo calo demografico oggi i cristiani rimasti a stento toccano i centomila su una popolazione di 75 milioni di abitanti. Allo stesso tempo, il Paese è anche il punto dove molti che fuggono dall’Iraq stanno arrivando per trovare un rifugio. Il Papa incontrerà anche un gruppo di loro, fuggiti da paesi in fiamme e dall’avanzata jihadista. Cresce la convinzione del dramma per un Medio Oriente che rischia di restare privo della presenza cristiana. Le motivazioni sono varie: senza dubbio i motivi storici, ma anche e soprattutto gli equilibri socio-religiosi e geopolitici attuali per il mantenimento dei quali la presenza cristiana e assolutamente necessaria, come è riconosciuto da più parti.

Non si deve, poi, dimenticare che la Turchia stessa, vive da tempo forti tensioni sia interne che esterne. Queste ultime sono ovviamente dovute alla lunga guerra in Siria e anche in Iraq che hanno causato un milione e mezzo di rifugiati fra iracheni e siriani. La violenza che ha contraddistinto questa parte di mondo è da sempre stata condannata da papa Francesco e dalla Santa Sede. La violenza non può essere in alcun modo la soluzione ai problemi attuali: è necessaria una mediazione ed un dialogo paziente a più voci. Le tensioni interne, sono, invece, legate ad un lungo processo di democratizzazione in corso da anni e che ha visto momenti complessi negli ultimi tempi, legati soprattutto al potere di Erdogan e al suo modo di far politica. Non pochi, infatti, parlano del nuovo Presidente turco, da lungo tempo già Primo Ministro, come di un nuovo ‘sultano ottomano’. Sono anni importanti per il Paese, ma anche delicati alla ricerca di una posizione, non sempre chiara, a livello internazionale. Eppure la Turchia ha e può avere sempre più un ruolo cruciale, non solo all’interno degli equilibri del Medio Oriente, ma anche fra i vari volti dell’Islam.

In questo panorama, il ruolo di papa Francesco non è assolutamente politico, ma di leader spirituale sempre più credibile e riconosciuto e, quindi, anche importante per interlocutori che non sono spirituali, ma che hanno a che fare con i popoli e con i loro destini. Mi ha colpito, in questi giorni ricevere dall’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) un interessante dossier dal titolo “I nuovi ponti di papa Francesco”. È, mi pare, un riconoscimento degli sforzi di quest’uomo a tessere quella cultura dell’amicizia e del dialogo che lo porta a parlare al cuore della gente, sia quella comune che quella che gestisce potere e autorità. I viaggi internazionali di Bergoglio sono stati dei palcoscenici dai quali ha indirizzato il suo pensiero al mondo, non solo a coloro che si trovava di fronte e agli uomini di fede cristiana. L’Asia e, in particolare, la Cina erano al centro del suo pensiero mentre era in Corea e tutto il Medio Oriente, mentre si trovava in Giordania e Terra Santa nella primavera di quest’anno. La stessa Albania è stata il punto da dove ha potuto rivolgere il suo pensiero a Paesi dell’area balcanica che ancora vive equilibri precari.

Proprio qualche giorno fa parlavo con un amico, ora in Europa, che aveva lavorato alla preparazione della visita di Benedetto XVI in Turchia. Eravamo nel 2006 in un momento assai delicato per quel pontefice a causa dell’interpretazione affrettata e superficiale del suo famoso discorso di Ratisbona. Eppure, alcuni suoi gesti a Istanbul furono dei segnali importanti della sua vera lettura della realtà Islam. Sono passati solo otto anni, ma sembra siano decenni da quando papa Ratzinger entrò in moschea togliendosi le scarpe a facendo arricciare il naso a non pochi anche fra i cattolici più impegnati. Il mondo, oggi, guarda all’Islam con rinnovato timore a causa soprattutto degli ultimi eventi nella zona attigua alla Turchia. Ma lo stesso mondo non si rende conto che quanto sta accadendo lì non è tutto l’Islam e non riassume la fede e la vita dei musulmani nel mondo. In questo senso, in conclusione, mi sembra opportuno ritornare alla dimensione spirituale di questo viaggio.

Come fa osservare il gesuita Körner, grande conoscitore della Turchia, dove ha trascorso molti anni della sua vita, “per i turchi la visita di un Papa non è la visita di un cristiano, ma la visita di un uomo di fede. Tanti turchi vedono papa Francesco come un uomo che rappresenta il desiderio dei musulmani, dei turchi, che ci sia nel mondo un uomo convincente, di buona volontà, che rifletta l’uomo che crede in Dio. Il primo punto è veramente quello di avere fra di loro un uomo importante, testimone di Dio”.

Papa Francesco potrebbe mostrare con il suo essere uomo di fede e papa – continua Körner – che la fede non è un’idea che deve realizzarsi in una teocrazia, la fede può diventare ‘ispirazione’ per la società di oggi. Ispirazione come criterio per la coscienza, ispirazione come orientamento per i politici, fede anche per aprire gli occhi sulle sofferenze che non riusciamo più a vedere”.

Una visita breve, quindi, quella di Bergoglio, ma carica di significati sia per il Paese che visita, che per i suoi politici ed il suo popolo e non meno per i cristiani della zona e, non dimentichiamocelo, anche per l’islam e la possibilità di dialogo coi i suoi fedeli da parte dei cristiani e del mondo.

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