L’impero delle fiction

"The Young pope" e "I Medici". Analisi di due grandi serie tv: bellissime favole su un papato e un Rinascimento del tutto immaginari. Un ulteriore approfondimento nel numero di Città Nuova di novembre
The Young pope

Ieri sera dunque sono andate finalmente in onda su Sky Atlantic le prime due puntate della supereclamizzata serie The young pope, dieci puntate in tutto del lunghissimo film di Paolo Sorrentino. Perché di un film davvero si tratta, come non ha mancato di sottolineare il regista. Il quale s’è servito della consulenza di un esperto come Alberto Melloni per raccontare di Pio XIII – alias Jenny Belardo – primo papa americano della storia, arrogante, insicuro, determinato, fuori schema e rigidissimo. Insomma, un bel mixt di caratteri focalizzati nell’interpretazione  importante di Jude Law. Con lui un invidiabile ed inatteso Silvio Orlando nei panni di un machiavellico cardinale di curia, che adora il Napoli e spera di maneggiare anche il giovane pontefice. Mal per lui perché l’uomo è quanto mai indipendente, anche dalla suora che l’ha accolto da orfano e che lui chiama in curia. Un papa che viola il segreto confessionale tranquillamente, non prega, dichiara di dubitare che Dio esista e che non si mostra alla folla. Un divo-antidivo, certo  non un papa Francesco e nemmeno un Pio XII di cui Law imita la gestualità e che Sorrentino vede con il solito clichè del conservatore tout-court (sedia gestatoria, tiara e così via).

 

Stroncato a Venezia da un giornalista vaticano, il film è in verità un racconto visionario, onirico, esteticamente  compiaciuto – le luci “caravaggesche”, diceva qualcuno –, secondo lo stile sorrentiniano, per il quale qualsiasi personaggio serve a raccontare una sua visione della storia, sia che fosse l’Andreotti de Il divo o la Roma de La Grande bellezza.

Aspettarci perciò un film sul papato non serve, perché The young pope non lo è. Anche se macina clichè sul Vaticano come luogo di intrighi, secondo la ben collaudata legge della fiction che mescola sacro e  profano, Dio e il diavolo, tranquillamente. Un film sulla fede, sulla solitudine della fede, come ha scritto Melloni sul Corsera? Chissà.

Formalmente bello, lo è di sicuro e il  cast è perfetto. Sorrentino sa guidare bene gli attori e la fotografia è quanto mai affascinante. Che questo lungo racconto gli serva  per raccontare il potere, la ricerca della fede (forse anche sua), la possibilità dopo papa Francesco di un ritorno al conservatorismo più puro?. É possibile, ma non ne siamo certi: il regista è uno che si nasconde dietro  le sue “visioni”.  Del resto, dopo i l film di Moretti – che viene citato in qualche scena ( le suore che giocano a calcio) – l’ambizione sorrentiniana non poteva non dire la sua.

Tranquillizziamoci, è un film, un racconto fantasioso che condisce clichè e originalità, voglia di fantasticare su una istituzione che regge da duemila anni, fatto incomprensibile per chi non ne conosca bene l’origine e le autentiche motivazioni spirituali. Se si può fare un rilievo,direi che quel che manca è la spiritualità. Questo è un limite del regista, grande esteta. Da un papa, per quanto siamo in una fiction, questo aspetto c’è da aspettarselo. Almeno finora non è apparso.

Ma forse  questa è la legge dei film televisivi: spettacoli.

 

 

Son partiti anche I Medici, altra fiction su Raiuno, che ha ottenuto  uno share del trenta per cento. Altro spettacolo: costumi quattrocenteschi perfetti (ma le barbe non le portavano allora…), ricostruzioni di ambienti, scene girate in luoghi favolosi, da Pienza a Montepulciano a Viterbo e gli interni, come sempre in questo genere di film, a Caprarola: che è del ‘500, con affreschi inadatti in realtà all’epoca di cui si parla  nella fiction. E qui c’è da dire che per quanto riguarda la storia vera – perché I Medici ha l’ambizione di raccontare dove è nato il Rinascimento (però non è solo a Firenze, in realtà) – le falle ci sono. A cominciare da Dustin Hoffmann, padre padrone che qui muore avvelenato mentre  morì nel suo letto, da Cosimo barbuto  artista mancato (?),…e ci fermiamo qui, tacendo su personaggi come Francesco Sforza, l’antipapa Giovanni XXIII….

Ma è la legge delle fiction storiche internazionali a cui l’Italia si adegua. Del resto, dopo la saga dei Tudor, splendida, ma con un Enrico VIII giovane, bello e magro, tutto è possibile. Basta che ci sia sesso – di vario tipo, qui accennato –, violenza, intrighi e il gioco è fatto.

Con l’illusione di raccontare al pubblico la storia, mentre la storia vera è un’altra, e qui si fa spettacolo. Con star di rilievo, perché abbiamo attori dei Tudor e del Trono di spade, ossia delle saghe più premiate a livello mondiale, con alcuni dei nostri attori, come  Myriam Leone e Alessandro Preziosi.

Speriamo che, passata la “lezione” e l’illusione di sapere la storia, qualcuno almeno  a leggersi quella vera. Alla fine, apprezzerà ancor meglio quella “in costume” televisivo, e la prenderà come sono le fiction: delle bellissime favole su un rinascimento o un papato  del tutto immaginario.

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