L’imperatore Nerone

Arrivato a Roma, Lucio Verginio Rufo riceve l’invito di Nerone per un grande ricevimento. Incendiario, vanitoso, assetato di potere. Così ce lo raccontano le cronache, così è passato alla storia. Ecco il ritratto che il protagonista di Roma brucia! ci fornisce dell’imperatore romano
Roma brucia! Cantamessa_Città Nuova 2016

Quella sera, mentre Macro andava a dare ordini ai sol­dati, ricordai il mio primo incontro con Nerone appena di­venuto imperator, nell’autunno dell’anno ottocentosette di Roma: avevo 40 anni ed ero appena tornato da Smirne, nella provincia d’Asia, dove avevo rimesso in sesto l’amministra­zione della città. Nerone ne aveva diciassette ed era comple­tamente succube di Agrippina, sua madre.

 

Ero molto scettico su di lui quando diventò imperatore, e non solo per l’età. Le trame di Agrippina per mettere il figlio al comando dell’impero mi avevano disgustato. Pri­ma era riuscita a farsi sposare da Claudio, poi si era fatta attribuire il titolo di Augusta; aveva circuito Claudio fino a fidanzare Nerone con sua figlia Claudia Ottavia; aveva tolto di mezzo la candidatura dell’altro figlio di Claudio, Britannico, con la scusa che era epilettico, e aveva ottenu­to l’adozione per Nerone. Ma non era finita: per formarlo degnamente al compito imperiale che gli aveva destinato, aveva fatto liberare Seneca dall’esilio e l’aveva nomina­to precettore di suo figlio. Infine, Nerone aveva sposato Claudia Ottavia. E tutto questo in meno di cinque anni. Il cerchio si era chiuso con la quanto mai sospetta morte di Claudio, avvelenato dai funghi. E Nerone era diventato imperatore su queste premesse, acclamato dai pretoriani, scavalcando il senato. Eppure, anche se giovanissimo, nei primi cinque anni da imperatore Nerone si era rivelato una buona sorpresa per tutti, anche per me.

 

Era comunque un ragazzo appassionato di corse con le bighe e si allenava nel circo costruito dallo zio Gaio Caligola negli horti della nonna Giulia Agrippina, fra il Tevere e il col­le Vaticano, che diventò così il Circo di Nerone. Lo entusia­smavano la danza, la musica, il teatro, la pittura, la scultura e in genere ogni espressione artistica. E aveva anche un’ottima formazione culturale e stimolanti idee politiche e finanziarie. Per questo era piaciuto alla gente, al popolo, che stravedeva per lui. Ma soprattutto era riuscito a conquistarsi il favore del senato, una tra le cose più difficili per un imperatore.

 

È vero che all’inizio, per quasi cinque anni, il giovane Nerone non era solo a governare, ma, a parte le imbarazzan­ti ingerenze della madre, era assistito dall’ottima squadra di consiglieri che Agrippina stessa gli aveva procurato, vale a dire il filosofo Seneca per gli affari di Stato, Afranio Burro per gli affari militari, e Cheremone, l’alessandrino che gli aveva trasmesso l’amore per la cultura ellenista, alla quale l’imperatore aveva aderito con grande passione.

 

Furono quei provvedimenti presi all’inizio, senza dubbio su consiglio di Seneca e Burro, che gli assicurarono il favo­re del senato e del popolo. Nerone, infatti, diede più spazio rispetto a Claudio alle prerogative del senato, regolò meglio l’accesso al consolato, mise in riga i governatori delle pro­vince, ridimensionò saggiamente l’eccessivo potere dato da Claudio ai liberti, riaffidò l’erario ai pretori e consentì che il senato coniasse monete, cosa che non avveniva da molto tempo. Insomma, in certo modo riportò la barra del timone nella posizione che aveva adottato a suo tempo Augusto, il fondatore dell’impero, temperando le necessità del princi­pato con l’antica tradizione repubblicana.

 

L’idillio si incrinò con la comparsa sulla scena di Pop­pea, che Nerone prese a frequentare all’età di vent’anni, mandando in crisi il matrimonio di stato con Claudia Otta­via, che non gli aveva dato eredi. A questo andava aggiunta in lui una crescente spinta all’emancipazione dall’invaden­te Agrippina. Britannico, il fratello di Claudia Ottavia, era stato avvelenato un anno dopo la nomina imperiale, ma dopo l’avvento di Poppea, in pochi anni Nerone si fece prendere la mano dalle pulsioni e dal potere, finché maturò la tragica decisione di eliminare quelli che riteneva ostacoli al suo cammino, servendosi dello stesso metodo usato con Britannico. Nel volgere di tre anni fece uccide­re prima Agrippina poi Claudia Ottavia; ordinò al marito di Poppea, Otone, di divorziare da sua moglie e la sposò; quindi si liberò dalla tutela di Afranio Burro e di Seneca, che si ritirarono dalla scena. Nerone aveva 25 anni e si sen­tiva finalmente libero, anche se spero che avesse almeno qualche incubo notturno.

 

La situazione era questa da circa un anno. Aggiunge­rei che ormai i cinque anni idilliaci erano stati ampiamente smentiti dai cinque successivi, e il senato gli era di nuovo ostile a causa della riforma monetaria che si era inventato per rimpinguare le casse del Fisco, come mi aveva accenna­to Seneca a Ostia.

 

Non potendo aumentare la pressione fiscale per motivi politici (ci aveva provato ma il senato aveva bocciato la pro­posta), Nerone aveva fatto ricorso all’unico metodo che gli restava: anziché aumentare le entrate fiscali, decise di ridur­re i costi risparmiando sui metalli nobili necessari a produrre monete. Monete più leggere e con un po’ di metallo nobile in meno, insomma. Per non mettersi però contro il popolo e buona parte dei cavalieri, che lo sostenevano, aveva dato più importanza all’argento che all’oro. Inevitabilmente, così era andato contro gli interessi delle uniche categorie che di monete d’oro ne avevano parecchie, cioè patrizi, proprietari terrieri e senatori.

 

da Roma brucia! di Bruno Cantamessa (Città Nuova, 2016)

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