L’impasto dell’arte di Mirò-Llorens-Artigas
Mirò, Josep Llorens Artigas e il figlio Joan Gardy Artigas sono i tre più grandi ceramisti del XX secolo. Un’esposizione ne restituisce il connubio e l’arte. Non si tratta di una semplice collaborazione, ma di una relazione artistica e umana che matura in una vera e propria fusione estetica. Tutti e tre sono dotati di forte personalità artistica, autonoma e stagliata, lo testimoniano i pezzi esposti in mostra.
I vasi di Llorens Artigas hanno un carattere pacato, sobrio, privi di manici e di qualsiasi appendice funzionale o decorativa che possa turbare l’essenzialità della forma. Appaiono come il frutto di una lunga ricerca di sintesi. Il repertorio delle silhouette non sfocia mai nell’artificio. Snelle o panciute, le personalità dei suoi vasi mantengono una compostezza che in Italia possiamo ritrovare solo in certi oggetti di Giorgio Morandi.
Le ceramiche di Gardy Artigas mostrano invece una vocazione alla figurazione scultorea mossa e surreale. Accanto ai piatti troviamo mostri, animali, maschere, ibridi, busti di nudo a grandezza naturale… Le figure conservano un deciso stile sintetico rotto solo a tratti da pupille a punta di spillo, denti aguzzi… particolari che, per contrasto, aumentano la forza dell’immagine.
Le ceramiche di Mirò esposte in mostra attestano un linguaggio già schematico, essenziale, potente. Su vasi e piastrelle compare il personale vocabolario dell’artista: asterischi a mo’ di stelle, triangoli che camminano zampettando su lunghi steli, occhi che strabuzzano nel vuoto, ciglia, baffi arricciati, calligrafismi liberi… un cosmo ludico e formicolante governato dalle regole volanti della fantasia. È lo stile col quale tutti possono subito riconoscere il grande maestro.
Sulle opere in mostra non è quindi difficile riconoscere la cifra stilistica dell’uno o dell’altro artista. Il lungo percorso che li vede lavorare insieme, mai “facile” o scontato, porta però a maturare una eccezionale sintonia estetica. L’uno giunge a mettere il proprio talento artistico nelle mani dell’altro in un processo unitivo che non appiattisce e livella le singole specificità, anzi: l’arte dell’uno si muove dentro l’arte dell’altro, se ne nutre e se ne arricchisce generando opere di altissimo livello in cui non è più concesso cercare la mano di Mirò o di Artigas.
Lo dice lo stesso Mirò: «Bisogna tenere i piedi saldamente sulla terra per poter poi fare dei grandi salti verso l'alto: è proprio il fatto di scendere qualche volta sulla terra che mi permette di volare». La terra, in questo caso, è l’argilla impastata indissolubilmente con l’arte, la ricerca, la stima, l’amicizia. Un pensiero che può apparire “fantasioso” ma, in volo con Mirò-Llorens-Artigas, il “fantasioso” diventa una lettura del mondo lecita, possibile, necessaria.
"Mirò-Artigas, La tradizione moderna della ceramica", Museo civico di Veroli (Fr) fino al 16/2/2013