Liguria unita contro la guerra in Yemen
Il 21 maggio 2019 è stato un grande giorno per la Liguria. Il suo consiglio regionale ha, infatti, approvato all’unanimità un ordine del giorno firmato da tutte le forze politiche che impegna la giunta a «sollecitare, anche attraverso i parlamentari liguri, il Parlamento italiano affinché, al pari di altri Stati europei, riconoscendo le gravi violazioni al diritto internazionale perpetrate nella guerra in Yemen, si esprima con fermezza per vietare l’esportazione e per bandire dal proprio territorio e dai propri porti il transito di armamenti destinati alla sanguinosa guerra yemenita».
Non solo, ma, continua l’ordine del giorno «a promuovere in Conferenza delle Regioni una iniziativa comune volta ad approvare una risoluzione per condannare i crimini di guerra commessi nello Stato yemenita da tutte le parti coinvolte in conflitto e attuare con fermezza la normativa nazionale e comunitaria sul divieto di esportazione e transito di armamenti verso lo Yemen»,
Una presa di posizione davvero importante; resa ancora più lodevole dal fatto che tutte le forze politiche hanno collaborato e firmato il documento mettendo, così, l’interesse per il bene comune sopra a quello della propaganda elettorale, in questi giorni sempre più frenetica.
L’iniziativa ha preso corpo nei giorni precedenti, quando, come raccontato, la nave saudita Bahri Yanbu ha transitato nel porto di Genova. Sia lo sciopero dei portuali indetto dalla Cgil e dai sindacati di base, sia la mobilitazione di molte associazioni laiche e cattoliche, hanno portato la prefettura ad esaminare con attenzione il carico della nave e, successivamente, a non concedere il porto per l’imbarco di armamenti.
Inizialmente sembrava che la nave saudita dovesse, una volta partita “a mani vuote” da Genova, rifornirsi nell’arsenale della vicina La Spezia, ma anche qui si è andati verso un nulla di fatto e la nave ha lasciato le coste italiane, probabilmente grazie anche alla mobilitazione dei lavoratori spezzini.
Infine, al termine di un lavoro congiunto tra le diverse associazioni che avevano lanciato il comunicato Porto chiuso alle armi, città aperta alla pace (tra cui Arena Petri, Liberi/e forti, Movimento politico per l’unità Liguria, Cif Liguria, Circolo Aldo Moro, Libera Genova, Opera salesiana Don Bosco Genova Sampierdarena), e diversi consiglieri regionali, si è arrivati all’ordine del giorno sopra richiamato.
La mobilitazione del basso e il dialogo e la collaborazione tra le diverse forze politiche ha portato, così, ad un risultato ragguardevole, che porta la Liguria ad essere la prima regione in Italia ad accogliere il nucleo di quella che è stata definita la mozione di Assisi, approvata in diversi consigli comunali, che invita governo e Parlamento ad applicare la legge 185/90 che vieta la vendita di armi a paesi impegnati in guerra.
Un’iniziativa che corona un percorso che le diverse associazioni genovesi stanno intraprendendo per mettere al centro del dibattito pubblico temi come l’ecologia integrale, lo sviluppo sostenibile, la relazione fra diverse sensibilità come motore fondamentale della società, la necessità del dialogo tra posizioni differenti.