Liguria, spiagge a numero chiuso?
«Sono talmente buffi che non ne vale la pena nemmeno parlarne. Se piove per una settimana di fila bisognerebbe già chiedere lo stato di calamità naturale, se non piove il tempo è bello e le spiagge si riempiono, bisognerebbe applicare l’accesso a numero chiuso». Già al chiosco delle bibite non si parla d’altro. «È vero, arrivano nei fine settimana dalla Lombardia e dal Piemonte, occupano tutto quel che trovano, si stravaccano in tutti gli angoli. Ma non solo, arrivano pure i pullman strapieni. Li ho visti, erano quasi tutti sudamericani, andare verso Andora a parcheggiare perché qui, sul rettilineo, posto per i pullman non c’è. È un’emergenza, non solo per le spiagge libere ma anche per noi che abbiamo le concessioni demaniali». E qui trapela forse un filino di razzismo. I piemontesi e i lombardi portano “palanche”, i sudamericani “rubano spazi, pestano la sabbia, fanno pure il bagno senza sganciare un euro”. Non sia mai!
In realtà, al di là del costituire l’occasione per un po’ di clamore mediatico e far parlare di sé, il motivo delle spiagge a numero chiuso c’è: ed è quello di garantire la sicurezza dei turisti, secondo il sindaco di Alassio Enzo Canepa e quello di Laigueglia Franco Maglione. Sono loro che hanno pensato di far diventare le spiagge libere a “numero chiuso” riducendo il numero di bus ammessi all’entrata, e far pagare un ticket per sostare in questi arenili con steward che limitino l’accesso ad un numero ben preciso di persone. «Laigueglia non è in grado di assorbire tutte queste presenze. Dopotutto non esiste un bene che non sia normato, e ciò deve valere anche per le spiagge. Si stabilisca il numero massimo di persone ammesse a metro quadro, siano date delle direttive per potersi godere giornate di relax senza rischi per la sicurezza. Il mio è un appello alla prefettura e alla Regione: non sono arrabbiato, sono preoccupato», ha detto Maglione. «È necessario regolamentare le presenze sulle nostre spiagge libere, che per numeri sono paragonabili a quelle delle manifestazioni di richiamo e rappresentano un possibile rischio sotto il profilo di ordine pubblico, igiene e sicurezza» concorda Canepa. Così entrambi primi cittadini hanno chiesto alla prefettura e al Comitato per l’ordine pubblico, di limitare gli ingressi nelle spiagge libere cittadine.
D’accordo con l’applicazione delle spiagge a numero chiuso è pure Carlo Scrivano, direttore dell’Unione albergatori della provincia di Savona. «È inutile nascondere che la Liguria ha un territorio particolare: non è la Romagna, dove le spiagge sono lunghe chilometri. La nostra orografia è particolare, arenili stretti e subito alle spalle le montagne. Non possiamo e non dobbiamo favorire un turismo da grandi numeri, stiamo tornando ad essere attrattivi per un turismo di qualità. Non regolamentare questo fenomeno sarebbe un suicidio». Quest’ultima considerazione pare però scontrarsi con l’osservazione di un turista affezionato del posto: «Questo significa che, dagli albergatori all’ultimo rivenditore di bibite, sono tutti ricchi sfondati: e vogliono solamente il turismo di nicchia, quello che si sdraia su teli da mare fatto di banconote da cinquecento euro attaccate assieme». Pur volendo ammettere un po’ di puzza sotto il naso da parte degli albergatori, tuttavia, il modello delle Cinque Terre con i suoi sentieri a numero chiuso ha stuzzicato e non poco.
Nessuna novità invece dal capoluogo della regione dove Elisa Serafini, fresca di nomina all’assessorato al Marketing Territoriale e alle Politiche Giovanili, assicura:«A Genova niente spiagge a numero chiuso, le 30 spiagge libere del Comune sono un’opportunità da non perdere e una misura del genere non ha senso. I visitatori portano indotto per le nostre attività commerciali. Ogni famiglia può spendere dai 25 ai 90 euro sul territorio, in una sola giornata: soldi che rimangono nelle tasche dei genovesi, e che contribuiscono allo sviluppo economico e occupazionale della città».