L’ignoto spazio profondo
In un collage ben fatto, ci si sente attratti da due modi diversi di guardare. In certi momenti si notano i componenti e l’ordinarietà della loro provenienza, in altri si riesce a considerare il tutto, cogliendo un significato astratto. È quanto capita vedendo questo film, composto di sequenze documentaristiche non straordinarie, eppure significative. La fantascienza, che in questo caso non è quella a cui siamo abituati, offre l’ambientazione a considerazioni globali, con immagini capaci di parlare alla sensibilità dell’uomo di oggi. Werner Herzog, autore che aveva sempre colpito per la tendenza a descrivere atmosfere e suggestioni insolite, oltrepassa ogni limite, mescolando i generi, per smentire, con la saggezza della sua maturità, alcune concezioni diffuse. Che l’uomo possa sperare di sfuggire ai suoi errori planetari, emigrando in altri mondi; o che parte del suo progresso sia dovuto a insegnamenti di extraterrestri, da tempo presenti fra noi. O che il futuro riservi un progresso continuo e assicurato. Non è così, sembra dire Herzog, in equilibrio tra ironia e inesorabile drammaticità. Tutto può finire sulla Terra per colpa dell’uomo. Per contrasto, lo spettatore assorto, che ha saputo con pazienza seguire il ritmo lento del racconto, è indotto decisamente ad apprezzare l’attuale bellezza del nostro pianeta, insieme alle notevoli capacità scientifiche, che potrebbero essere usate per conservarla, invece che per cercare di fuggire. Un significato davvero importante. Peccato che il linguaggio usato, piuttosto spiazzante, non sia in grado di arrivare a tutti. Regia di Werner Herzog; con Brad Dourif.