Licenziamenti in rosa
Un'azienda milanese in crisi decide di licenziare solo le donne. «Così stanno a casa a curare i figli» è la giustificazione
La notizia non risale al secolo scorso. È di pochi giorni fa. Così come di pochi giorni fa è la decisione di cui sono state vittime alcune donne di una ditta milanese: la Ma-Vib di Inzago, produttrice di motori elettrici per impianti di condizionamento. La vicenda si sintetizza in una strana decisione: «C’è crisi e quindi si licenzia, ma solo le donne. Così possono stare a casa a curare i bambini».
Una politica aziendale che ha lasciato increduli i trenta dipendenti dell’azienda, i quali, in difesa delle colleghe licenziate, hanno indetto uno sciopero generale. L’adesione allo sciopero, secondo il responsabile Fiom Mangiafico, ha visto la partecipazione dell’80% degli operai, alcuni dei quali, però, dopo aver inizialmente garantito la partecipazione allo sciopero, si sono poi presentati regolarmente al posto di lavoro.
La Ma-Vib ha 30 dipendenti, 12 uomini e 18 donne. «Per fronteggiare un calo produttivo, ha deciso prima di mettere in cassa integrazione per brevi periodi (senza accordo sindacale) le operaie e, successivamente, di annunciare il licenziamento di un numero di operai compreso tra i 10 e i 13, scegliendoli, rigorosamente, tra quelli di sesso femminile», denuncia la Fiom, che sta seguendo la vertenza.
Le lavoratrici hanno un’età che varia dai 30 ai 40 anni e si occupano del montaggio dei motori. «La motivazione della selezione dichiarata presso la sede dell’Associazione piccole medie imprese, prosegue la Fiom – è davvero brillante: "Licenziamo le donne così possono stare a casa curare i bambini e poi, comunque, quello che portano a casa è il secondo stipendio". Al no ai licenziamenti si aggiunge l’indignazione per il becero, offensivo e discriminatorio atteggiamento dell’azienda», conclude il sindacato. La Ma-Vib -una piccola impresa a conduzione familiare diretta da nonno, padre e nipote- si giustifica spiegando che la cassa integrazione prima e il taglio dei posti di lavoro poi sono stati motivati da «ragioni oggettive».
«Un’azione gravissima che denota una totale mancanza di rispetto e discriminazione nei confronti delle donne. Un ritorno al passato che non può essere tollerato e giustificato in alcun modo», sbotta l’assessore provinciale alle Pari opportunità, Cristina Stancari. «Le donne, e in particolar modo le donne lavoratrici, rappresentano un valore aggiunto per la nostra economia, ancora di più in questo momento di crisi economica», sottolinea l’assessore, che promette: «Domani incontrerò le lavoratrici e chiederò all’azienda un ripensamento a fronte di questa decisione che calpesta la dignità femminile». La Stancari e l’assessore provinciale al Lavoro Paolo Del Nero hanno inoltre deciso di convocare i sindacati l’ 8 luglio per approfondire la situazione.
«Come assessorato al Lavoro – conclude l’assessore Del Nero – siamo disponibili ad attivare immediatamente un tavolo tecnico con sindacati e proprietà affinché sia possibile confrontarsi e analizzare il problema occupazionale nel suo complesso che riguarda, oltre le 13 lavoratrici già licenziate, i restanti 17 impiegati dell’azienda, la quale ha deciso di ridurre produzione e personale». «Dietro questa decisione c’è l’idea di un lavoro visto all’antica. Quando cioè le persone venivano considerate merci e le donne solo come soggetti a cui delegare la casa e la famiglia», commenta Maria Sciancati, segretaria generale della Fiom di Milano. «Siamo sempre allo stesso punto – aggiunge la sindacalista -. In questo Paese, a livello di governo e di imprese, c’è sempre la stessa vecchia logica che la donna è preferibile che stia a casa. Quello che sta avvenendo dietro ai cancelli della Ma-Vib di Inzago è la spia drammatica di ciò che avviene anche in altre zone e in altri contesti del nostro Paese. Prima non si assumevano le donne, poi potevano entrare nel mondo del lavoro a patto di firmare le cosiddette dimissioni in bianco. Questo è il quadro discriminatorio del nostro mercato del lavoro».