Licei classisti?
Come ogni anno, il Miur, Ministero dell’Istruzione, università e ricerca, chiede alle scuole di compilare il Rav, Rapporto di autovalutazione, una sorta di mappa dell’Istituto, uno strumento che consente a tutti gli Istituti scolastici di riflettere sulla propria scuola per effettuare miglioramenti e aggiustamenti del percorso intrapreso dalla scuola stessa e nello stesso tempo aiutare le famiglie a scegliere la scuola confrontando le diverse opzioni. Dal rapporto scaturiscono i punti di forza e di debolezza dell’azione educativa, il target degli utenti, l’approccio e l’interazione con il territorio, l’offerta formativa e viene pubblicato e aggiornato sul portale Scuola in chiaro.
Ma dall’autovalutazione di alcuni licei, alla voce “Opportunità”, sono venute fuori alcune descrizioni che hanno provocato una vera e propria bufera e hanno lasciato perplesso tutto il mondo della scuola.
Il liceo Visconti e il Falconieri ai Parioli di Roma, il Parini di Milano, il liceo D’Oria di Genova descrivono l’utenza della quale è composta il proprio istituto:
«Tutti, tranne un paio, gli studenti sono di nazionalità italiana e nessuno è diversamente abile», o ancora, quando si parla di alunni svantaggiati, «per condizione familiare è pressoché inesistente» (il liceo Visconti); «Poveri e disagiati costituiscono un problema didattico… L’assenza di gruppi di studenti con caratteristiche particolari dal punto di vista della provenienza culturale costituiscono un background favorevole alla collaborazione e al dialogo tra scuola e famiglia, nonché all’analisi delle specifiche esigenze formative nell’ottica di una didattica davvero personalizzata» (il D’Oria di Genova).
Infine, il liceo paritario Falconieri, zona Parioli di Roma, precisa che «gli studenti del nostro istituto appartengono prevalentemente alla medio-alta borghesia romana. L’incidenza degli studenti con cittadinanza non italiana è relativamente molto bassa e si tratta per lo più di figli di personale delle ambasciate e/o dei consolati, particolarmente presenti nel quartiere Parioli. La loro presenza è limitata nel tempo (3/4 anni) ed è legata ai trasferimenti dei Genitori presso altre sedi. La spiccata omogeneità socio-economica e territoriale dell’utenza facilita l’interazione sociale. Non sono presenti né studenti nomadi né provenienti da zone particolarmente svantaggiate; negli anni sono stati iscritti figli di portieri e/o custodi di edifici del quartiere».
Contrariamente alle indicazioni nazionali per il Curriculo della Scuola, che sottolinea di avere una particolare attenzione da riservare alle disabilità e ad ogni fragilità, al sostegno delle varie forme di diversità, di disabilità o di svantaggio, i dati statistici dei licei classici evidenziano ancora una scarsa inclusività, la selezione dell’utenza e le bocciature sono per la maggioranza riservate agli alunni provenienti da classi sociali svantaggiate.
La reazione del ministro Fedeli non si è fatta attendere. Con parole forti ha sottolineato come siano «gravi le allusioni classiste nei Rapporti di valutazione. Non sono assolutamente tollerabili e prenderemo provvedimenti specifici a seguito dei dovuti approfondimenti. Il Rav rientra peraltro fra gli strumenti di valutazione delle scuole e dei dirigenti scolastici. Terremo conto anche di questi elementi», aggiunge la Fedeli.
Sappiamo tutti che la scuola italiana non è classista, lo testimoniano gli sforzi di migliaia e migliaia di docenti che faticosamente ogni giorno “fanno la scuola”, ai quali fa sicuramente male leggere le affermazioni di questi giorni. Sicuramente questi sono segnali di allarme di cui tener conto. In fondo la scuola rispecchia l’anima del Paese. Forse dovrebbe essere il contrario: si dovrebbe costruire il Paese a partire dalla scuola, da quella che tanti maestri e pedagogisti hanno costruito in questi anni. Uno di questi, Don Milani, ci ricorda: “Se si perde loro (gli ultimi) la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati.” (Lettera a una professoressa)