Libertà no vax
Mi è capitato, nel giro di una decina di giorni, di trovarmi in luoghi dove si stavano svolgendo delle manifestazioni “no vax”: a Roma, al Pantheon; a Bologna, di fronte a san Petronio; a Firenze, nei dintorni del Palazzo della Signoria. Un gran baccano, mascherine inesistenti, distanza personale (non sociale, please) manco a parlarne, e una marea di poliziotti, a spanne due per ogni manifestante.
Uomini arrabbiati e donne urlanti, slogan poco seguiti che si intrecciavano senza mai imporsi, manifesti scritti coi pennarelli. E, attorno alle manifestazioni, tanta gente incuriosita, molti rimbrotti contro chi protesta, a Bologna fischi aperti e grida: «Non volete lavorare»; «Pensate agli altri e non solo a voi stessi»; «Se vi ammalate, pagatevi l’ospedale». E via dicendo.
A Bologna mi sono trovato ad assistere alla manifestazione accanto a un amico che non si è ancora vaccinato, «per vigliaccheria e paura, aspettavo sempre il vaccino “definitivo”, quello che sicuramente non mi avrebbe dato effetti secondari». Per questioni di lavoro, si sottopone alla corvée di due tamponi molecolari alla settimana, «non ne posso più, debbo liberarmene».
A Firenze, invece, la docente con la quale passeggiavo era chiaramente ostile ai no vax. Appena visto il corteo, è scattata in una serie di recriminazioni contro quegli «sciagurati» che quasi mi vergognavo di essere con lei. Non ripeto gli improperi, che sembravano aver trasformato quei manifestanti in terroristi kamikaze pronti a uccidere folle di inermi: «Ci tolgono la libertà di vivere normalmente», mi grida nell’orecchio.
A Roma, in un gruppo di amici incontrati al Pantheon, c’era un giovane straniero deciso a non vaccinarsi per motivi ideologici: «Big Pharma ci sta colonizzando. Non ci accorgiamo che poco alla volta le società transnazionali dei vaccini stanno scalando le classifiche mondiali delle lobby più potenti, ormai sono testa a testa con i grandi del digitale. No, non posso accettare di dare anche solo un centesimo a una di quelle imprese che ci stanno distruggendo la libertà».
A Roma, un manifestante mi porge un volantino: «Gli ingenui inseguono la finta via d’uscita del green pass. Il salvacondotto per gli schiavi che non sanno che il passaporto sanitario è l’accorpamento di tutti i documenti (passaporto, patenti, tessera di cittadinanza, carta d’identità…) in un unico digital-lasciapassare che scadrà ogni tre mesi e si rinnoverà solo con la nuova puntura». Fusse che fusse la vorta bbona che lo Stato riesce a mettere un po’ di ordine nella burocrazia digitale! Leggo ancora: «No puntura niente documenti. Cina docet». E ancora: «Gli schiavi felici sono i nemici più agguerriti della libertà». Infine: «Dal primo settembre 15 milioni di italiani non esistono più, senza più diritti, immonda feccia incolta e asociale, da internare o gasare. I “bravi” di Don Rodrigo vedranno loro cosa farne». In calce: «Più di 24 mila morti per effetti collaterali dei vaccini, ma neanche un politico o giornalaio».
Dunque, al centro della questione non mi sembra ci sia in primo luogo la sicurezza sanitaria dei vaccini – in ciò le armi dei no vax appaiono ormai spuntate, quando le autorità internazionali di vigilanza sui farmaci esprimono via via pareri favorevoli agli attuali vaccini – quanto la libertà. Anzi LA LIBERTÀ. E allora la cosa si fa interessante, perché siamo così finiti nel campo dei principi delle nostre società democratiche.
C’è la libertà sussurrata del pauroso, quella rivoltata della vaccinata che si sente minacciata, quella antisistema del giovane straniero, e ancora quella di chi denuncia gli «schiavi felici». Ognuno ha la sua, di libertà, e la sostanzia di argomenti più o meno plausibili. Tutti costoro hanno l’idea che la libertà sia innanzitutto un diritto, nessuno, nemmeno lontanamente, avanza qualche argomentazione per dire che la libertà porta con se anche dei doveri sociali, perché tutti noi per forza di cose dobbiamo confrontarci con la libertà altrui.
«I miei diritti hanno anche il dovere di considerare la libertà altrui», cercavo di ragionare con la docente, un’esperta di filosofia. Nulla da fare, l’irrazionalità dei no vax per lei era da punire con il carcere, cioè con la privazione assoluta di libertà per chi non accetta la regola somma di rispettare la sua di libertà. Col giovane straniero, invece, il discorso scorre più sereno, la sua motivazione “rivoluzionaria” ha qualche freccia che condivido nella sua faretra. Gli chiedo: «Pensa al caso in cui tu trasmettessi il virus a qualcuno; la libertà tua potrebbe portare la morte all’altro». Stupefacente risposta: «È più grave la morte civile e spirituale cui Big Pharma condanna tutti coloro che pagano per il loro vaccino».
E allora mi accorgo che al centro del dibattito non c’è più la libertà, ma la vita, l’idea di vita che abbiamo. Ma questo è un altro discorso.