Libertà d’impresa e costituzione

Cosa dice il breve testo dell’articolo 41 della Costituzione italiana che in questi giorni sta animando il dibattito tra politici, imprenditori e operai.
fiat pomigliano

Ecco il testo: «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali».

 

L’iniziativa del ministro Tremonti di cambiare l’articolo, perché considerato un ostacolo insormontabile alla libertà delle imprese, può contare su un vasto schieramento parlamentare oltre che del consenso di Confindustria e di settori decisivi del mondo produttivo e delle istituzioni.

 

Nella redazione dei diritti economici della carta costituzionale è stato decisivo il contributo di quei cattolici che già nel 1942 si riunirono a Camaldoli per gettare le fondamenta di un ordinamento radicalmente diverso dal regime fascista («tutto nello Stato») ma capace di andare oltre le tradizionali costituzioni liberali legate ad un’idea astratta di libertà individuale. Si prevedeva la partecipazione degli operai alla gestione delle imprese così come la diffusione delle imprese cooperative per rispondere al conflitto tra capitale e lavoro.

 

La previsione di imprese pubbliche o semipubbliche era considerato necessario per effettuare investimenti in aree geografiche e settori produttivi che l’iniziativa privata non considera sufficientemente remunerativi. Così nella relazione centrale della settimana sociale dei cattolici italiani che nel 1945, che aveva come tema Costituzione e Costituente, era chiaro il concetto che «la democrazia politica esige, per essere vera la democrazia economica».

 

La Costituzione italiana è perciò improntata ad un modello di «economia sociale di mercato» che attribuisce allo Stato «finalità» e «strumenti» atipici rispetto alle tradizionali costituzioni liberali e socialiste, ma compatibili con un’economia di mercato. È un sistema riconoscibile, in maniera particolare, nella costituzione tedesca con il riconoscimento di alcuni diritti sociali della definizione di una impresa intesa come comunità di interessi.

 

Diverso è il modello liberista della cosiddetta “era Thatcher”, sintetizzata in affermazioni del genere: «Quando tutti gli obiettivi di un governo includono il raggiungimento dell’uguaglianza, che non sia l’uguaglianza di fronte alla legge, questo governo rappresenta una minaccia per la libertà». La questione dell’articolo 41 rimanda perciò al modello di società di riferimento. Così quando si citano le statistiche che vedrebbero l’indice della libertà economica in Italia inferiore a quello del Vietnam, occorre tener presente la fonte di questi dati: la fondazione Heritage, il pensatoio più prestigioso ed influente del conservatorismo capitalistico statunitense. Fondata nel 1973 a Washington, il celebre think tank ha, per statuto il compito di «elaborare e promuovere strategie politiche basate sui principi del libero mercato, della limitazione dell’interventismo statale, delle libertà individuali, dei valori tradizionali americani e della difesa nazionale».

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