Imparare ad affrontare l’ansia

È un'emozione che colpisce tutti e può aiutare a reagire ai pericoli, ma se non viene gestita adeguatamente può diventare un problema e impedire di vivere con pienezza.

L’ansia è una condizione che ciascuno ha sperimentato almeno qualche volta nella propria vita. A chi, infatti, non è mai successo di sentirsi nervoso, agitato o con i nervi a fior di pelle prima di un esame o di un colloquio di lavoro, o nella sala d’attesa del medico aspettando di fare una visita di controllo?

L’ansia è un’emozione che tutti conosciamo, ma in alcuni casi può divenire fonte di sofferenza per chi la sperimenta, incidendo sul benessere psico-fisico e sulla vita di relazione. Cerchiamo allora di capire più nel dettaglio cos’èe per quale ragione fa parte del ventaglio di emozioni che possiamo sperimentare.

L’ansia non è altro che una reazione di allerta in risposta alla percezione di un pericolo, che può essere reale o immaginato nella nostra mente. La funzione dell’ansia, se la guardiamo alla luce dell’evoluzione della specie, è quella di preparare l’organismo a reagire al pericolo, attraverso l’attacco o la fuga. L’ansia, da questo punto di vista, può essere considerata un’emozione fisiologica e funzionale in quanto ci difende da eventuali pericoli, e consente la nostra sopravvivenza in un ambiente ostile.

Essa si manifesta con una serie di modificazioni corporee, ad esempio il cuore comincia a battere più velocemente, il respiro aumenta di frequenza e i muscoli diventano più tesi. Quando si è ansiosi si avverte spesso una sensazione di irrequietezza, una difficoltà a stare fermi e a riposare. L’ansia, con le manifestazioni corporee ad essa associate, spesso si presenta prima di un evento temuto, quando nella nostra mente cominciamo a prefigurare la situazione con tutti i suoi possibili esiti negativi. Si tratta della cosiddetta «ansia anticipatoria».

Una domanda che spesso mi viene posta è: «Quand’è che l’ansia smette di essere una reazione fisiologica e diventa un problema o addirittura un disturbo?». Spesso si pensa che il segnale principale della presenza di un disturbo sia il livello di disagio soggettivo, cioè: più la persona sta male a causa della propria ansia più è probabile che si tratti di un’ansia patologica e non fisiologica.

In realtà questo è solo uno dei fattori da valutare. L’aspetto fondamentale riguarda invece le conseguenze dell’ansia sulla vita quotidiana e sulle scelte della persona. Se ad esempio per evitare di sentirsi in ansia in mezzo a tanta gente una persona comincia a non frequentare più alcuni luoghi, o se a causa dell’eccessiva preoccupazione prima degli esami uno studente decide di abbandonare l’università, pur desiderando moltissimo proseguirla, stiamo assistendo agli effetti del cosiddetto evitamento.

La persona evita la situazione, che ha imparato a riconoscere come pericolosa, per proteggersi, non tanto dal pericolo in sé, ma dall’ansia che potrebbe sperimentare. Lo studente sa infatti che la sua vita non è realmente minacciata da un esame andato male, eppure è così spiacevole sperimentare l’agitazione pre-esame che comincia a scegliere di evitarla, e rimanda l’esame, e poi lo rimanda ancora, fino a trovarsi ancora più spaventato di fronte a quella situazione.  Nel momento in cui la persona aggira l’ostacolo, evitando l’evento temuto, l’ansia al momento tende a diminuire, ma in compenso la persona ha ristretto il numero di possibilità a sua disposizione. L’ansia infatti tornerà ancora più intensa al tentativo successivo.

Fuggire dall’ansia per molte persone equivale a ridurre  il proprio orizzonte di vita, vuol dire rinunciare a qualcosa di importante. Questo è il più grande costo dell’ansia, ancor più del disagio che essa può causare con la sue manifestazioni fisiche. È per questo che familiarizzare con l’ansia, conoscerla da vicino, imparare a non temerla è uno dei primi passi necessari per chi vuole superarla.

 

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