Lezioni di persiano

Un uomo si finge persiano per sopravvivere in un campo di concentramento.  Un film sul coraggio, sul filo invisibile tra vita e morte che lega gli esseri umani. Regia di Vadim Perelman. Prima visione assoluta dal 14 al 17 gennaio su Iorestoinsala.

Ecco un film da non perdere Lezioni di persiano. Delicato, struggente ed equilibrato al tempo stesso ricco di suspence come fossimo in un thriller. E, in un certo senso, thriller lo è. La storia, premiata al festival di Berlino, che il regista Vadim Perelman racconta si svolge infatti nella Francia del 1942 occupata dai nazisti. Gilles (Nahuel Pérez Biscayart) viene arrestato dalle SS insieme ad altri ebrei e trasportato in Germania in un campo di transito. Riesce a salvarsi giurando di non essere ebreo, ma persiano. È una bugia che lo salva, temporaneamente, ma lo trascina in una impresa rischiosa: insegnare la lingua farsi a Koch, l’ufficiale responsabile delle cucine che sogna di aprire un ristorante in Persia a guerra finita.

Gilles non sa ovviamente nemmeno un parola di farsi, ma ne inventa una o più al giorno storpiando i nomi degli altri prigionieri e la insegna a Koch, il quale se ne mostra sempre più entusiasta. Il rapporto fra i due così diversi genera sospetti, gelosie fra le SS e gli altri prigionieri: Gilles è sempre sull’orlo di un possibile e inatteso precipizio.  Mantenere il segreto costa all’ebreo una tensione quasi insopportabile, ma la forza di vivere lo sostiene insieme ad una memoria formidabile che gli fa ricordare le parole inventate e sfuggire ai trabocchetti dei compagni e dello stesso Koch. Ce la farà?

Il film si basa su un racconto di Wolfgang Kohlhaase “Erfindung einer Sparche”, ossia invenzione di una lingua e racconta storie di astuzie da parte di ebrei per salvarsi la vita, perciò il racconto non appare assurdo ma reale. La specificità di questo film, documentato egregiamente nei costumi e nelle atmosfere con verità e sobrietà,  non è solo quella di analizzare la forza della memoria e dell’intelligenza umana, ma nel seguire il processo di umanizzazione che Gilles, tra mille difficoltà e sospensioni,  riesce a fare su Koch (Lars Eidinger), aprendolo da strumento del terrore a persona che ritrova sé stessa, almeno in parte. Quindi certamente un film sul coraggio, sul filo invisibile tra vita e morte che lega gli esseri umani, sul pericolo in tempo di guerra, ma pure in ogni tempo di perdere la propria umanità e di rinunciare a vivere la vita. In pratica di scegliere fra speranza e depressione che porta all’annichilimento. Di qui la sua attualità. Non dunque un semplice e ben fatto racconto sull’Olocausto, ma una storia sull’essere e rimanere persone, sul rischio che comporta ma anche la libertà. Prima visione assoluta dal 14 al 17 gennaio su Iorestoinsala.

 

 

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