L’Exodus arriva nelle sale

Il filmone firmato da Ridley Scott è un kolossal epico in 3D con grandi effetti speciali. Uno spettacolo avventuroso, ma senza contenuti forti
Christian Bale nel film Exodus

Exodus – Dei e Re
Inevitabile forse la censura in Marocco, Egitto ed Emirati Arabi al film di Ridley Scott – quello de Il Gladiatore, Thelma e Louise, Alien, eccetera – per la sua interpretazione degli episodi biblici relativi alla vicenda di Mosè. Tuttavia, il film in questione non è di genere “religioso” o “sacro” come poteva essere, ed era in effetti – nonostante le “licenze” drammatiche -, il celebre Dieci Comandamenti di De Mille degli anni Cinquanta. Col quale non vale la pena nemmeno fare il confronto, semplicemente perchè si tratta di due opere assolutamente diverse come stile e come approccio alle Scritture.

Il film di Scott è un kolossal epico di grande impatto visivo, in 3 D, zeppo di grandiosi effetti speciali, con rivoli drammatici ed orrorifici. Rispecchia un pensiero assai “liquido” molto occidentale che livella  il fatto sacro alla dimensione solamente umana – le famose “piaghe” come pure il passaggio del Mar Rosso hanno una spiegazione scientifica – e vede Mosè come un uomo inquieto che fatica a credere in un Dio di cui sembra vittima. Questo Dio che si rivela come un bambino – intuizione interessante, bocciata però da alcuni stati islamici, perché Dio non si raffigura – è dolce, ma a tratti crudelmente inquietante, come si osserva nell’ultima piaga, quella della morte dei primogeniti egiziani. Un Dio quindi tremendo col quale un Mosè – uomo “occidentale” d’oggi, spesso smarrito –deve fare i conti.

Mosè è prima di tutto un condottiero e un guerriero, come si vede nella battaglia contro gli Ittiti all’inizio del film, dove salva la vita al “fratello” Ramses, con cui la competizione è aperta sino alla fine (secondo un clichè molto hollywoodiano: Ramses è cinico e sadico – gioca con i cobra -, Mosè deciso e altruista).

Ma per Scott Mosè è un messaggero di libertà e di pace, uno che lentamente scopre la sua vera identità e fra mille dubbi conduce il popolo fuori dall’Egitto: insomma, un condottiero “laico”, molto americano (per fortuna non tracotante). Sfocate risultano le figure di Aronne e di Giosuè, nonché del faraone Setis (un John Turturro che riecheggia, questa volta sì, il faraone di De Mille), mentre parecchio risalto viene dato alla storia d’amore tra il condottiero e la moglie Sefora (Maria Valverde) con dialoghi piuttosto letterari.

Nel filmone di due ore e mezza ove si miscelano dunque dramma, horror, un certo misticismo New Age e soprattutto epos alla grande – un po’ come in Troy e simili -, il regista inventa alcuni momenti davvero interessanti, come la scena dei Dieci Comandamenti entro una caverna dove il bambino-Dio (o il suo messaggero) gli detta le leggi che “serviranno per i l futuro” ad un popolo che a Canaam troverà molti ostacoli (chiaro il riferimento all’attuale situazione ebraico-palestinese).

Passiamo agli attori. Da Christian Bale, ex Batman, non ci si poteva certo aspettare una copia di Charlton Heston. E infatti non lo è: aitante al punto giusto, barbetta curata e poi volutamente sciatta, deciso, ma anche dubbioso, ha incarnato il Mosè che Scott voleva, agnostico come lui, in fondo, ma uomo deciso per la lealtà e la pace; meglio del Ramses di Joel Edgerton, classica figura del “rivale” di molta epica americana. Quanto al mondo femminile passano in secondo piano sia Maria Valverde (Sefora) che Sigourney Weaver, la regina crudele Tuya.

Questa è infatti una storia di uomini che combattono “per il proprio destino”. Che poi il protagonista sia Mosè o il gladiatore o Achille in fondo la differenza non sembrerebbe eccessiva. Lo spettacolo dai mezzi grandiosi e fascinoso è assicurato e le libertà storiche-reali – non sembrano preoccupare più di tanto.

Anche se Mosè è qualcosa di più e questo non sfugge in certi momenti al regista “demitizzatore”, come nel finale del vecchissimo Mosè. Chissà che a qualcuno non venga la voglia di andare a rileggersi nell’Esodo la vera storia, davvero “epica”. O a rivedersi il vecchio, ma ancora valido filmone di De Mille con i suoi ingegnosi trucchi.

Vale allora la pena pagare il biglietto per il filmone che cerca , fra il resto, di “piacere” a tutti, come si nota anche dalla sceneggiatura (filo ebraica?). Se si cerca lo spettacolo avventuroso condito di effetti speciali travolgenti – lo tsunami sul Mar Rosso…-, allora può andare. Se si cercano contenuti “forti”, beh, allora siamo su un’altra strada. Exodus esce il 15. Negli Usa, ovvio, ha già incassato 60 milioni di dollari (ne ha spesi 140).

 

Come ammazzare il capo 2
I sequel non sempre funzionano. E questa volta va proprio male, perché il film in questione è di una sciocchezza disarmante. Stupisce che un attore come Christopher Waltz ci sia entrato. Il trio di sgangherati inventori tenta il rapimento del figlio viziato del riccone, ma tutto va storto e le gaffes non si contano. Dialoghi logorroici, trivialità gratuite da adolescenti, insomma gli Usa stavolta non ce l’hanno fatta. Si ride talvolta per non piangere. 

 

The Water Diviner
Russel Crowe dirige e interpreta il contadino che ha il sesto senso per trovare l’acqua, ma soprattutto per ricercare i suoi tre figli dispersi in Europa durante la prima guerra mondiale. Dramma intenso di ricerca, tra poesia e lotta, non è male per essere la prima regia dell’ex Gladiatore.

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