L’Europa sospende le richieste d’asilo dei profughi siriani

Mentre la Siria sprofonda nel caos, alcuni Paesi europei sospendono le domande di asilo per i siriani
Ghaith Raed Talata (a sin.) nella sua casa danneggiata nel distretto di Maarat al-Numan vicino a Idlib, nel nord della Siria, il 12 dicembre 2024. Ghaith lasciò la sua casa nel 2019, quando migliaia di case nel sud di Idlib caddero sotto il controllo del regime. Prima di ritirarsi a causa dell’avanzata delle forze di opposizione siriane, le milizie del regime hanno smontato le coperture metalliche, saccheggiato mobili e oggetti di valore e smantellato finestre e porte, dice Ghaith, aggiungendo che anche i cavi elettrici nei muri sono stati staccati. Ansa EPA/BILAL AL ​​HAMMOUD

Tutti ricordiamo il flusso di rifugiati siriani verso l’Europa, tra il 2015 e il 2016, che lasciavano il proprio Paese in preda alla brutale oppressione di Bashar al-Assad, da quando, nel 2011, la repressione delle proteste popolari anti-governative ha scatenato un conflitto armato che ha ucciso centinaia di migliaia di persone. Con la caduta del regime e la fuga del dittatore in Russia, la Siria si trova contesa tra varie forze sul territorio, sostenute dalle grandi potenze con intenti contrastanti e le prime vittime di tale situazione incerta, nuovamente, rischiano di essere i civili.

Infatti, se il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha subito dichiarato che «la caduta del regime dittatoriale» siriano rappresenta «un’opportunità storica per i siriani di costruire un futuro stabile e pacifico», ha poi sottolineato che c’è molto lavoro da fare per garantire una transizione politica ordinata verso istituzioni rinnovate.

Del resto, il diplomatico norvegese Geir Otto Pedersen, inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria dal 2018, ha lanciato un appello per dei colloqui politici urgenti a Ginevra per garantire un futuro pacifico alla Siria, manifestando il sostegno di quegli attori chiave in Siria, tra cui Iran, Russia, Turchia e Stati Uniti, affermando che nulla deve ostacolare una transizione pacifica. Definendo la guerra civile in Siria come un «capitolo oscuro che ha lasciato profonde cicatrici», egli ha invitato a «guardare avanti con cauta speranza all’apertura di uno nuovo capitolo di pace, riconciliazione, dignità e inclusione per tutti i siriani».

Eppure, se, attualmente, l’autorità di fatto è detenuta dal gruppo armato islamista Hay’at Tahrir al-Sham (Organizzazione per la liberazione del Levante, ndr), che ha guidato la caduta di Damasco, presenti in alcune parti del Paese, l’inviato speciale ha sottolineato nel suo briefing a porte chiuse al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che ci sono molti altri gruppi armati che operano in Siria e che la situazione è estremamente fluida, ma anche che esiste «una reale opportunità di cambiamento, ma questa opportunità deve essere colta dagli stessi siriani e sostenuta dall’ONU e dalla comunità internazionale».

Quel che è certo è che, dal 28 novembre, più di un milione di persone, per lo più donne e bambini, sono state sfollate tra Idlib, Aleppo, Hama e Homs, dopo che una coalizione di forze di opposizione, guidata dal gruppo armato Hayat Tahrir Al-Sham, ha lanciato un’offensiva dalla sua roccaforte di Idlib, conquistando decine di località e le città strategiche di Aleppo, Hama e Homs, prima di raggiungere la capitale, Damasco.

Secondo altri dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), da quando è scoppiata la guerra civile in Siria, 7 milioni di siriani sono stati sfollati all’interno del Paese e più di 5 milioni sono fuggiti nei Paesi confinanti; ciò rappresenta quasi la metà della popolazione del Paese prima della guerra, pari a 23 milioni. Alcuni rifugiati siriani, perlopiù provenienti dal Libano e dalla Turchia, stanno già facendo ritorno nel Paese.

Eppure, Shabia Mantoo, portavoce dell’UNHCR, ha osservato che coloro che sono stati costretti a fuggire dalla guerra che dura da 13 anni «stanno valutando quanto sia sicuro il ritorno in Siria e quanto saranno rispettati i loro diritti prima di poter prendere una decisione informata e volontaria di tornare a casa [e che] deve essere dato loro lo spazio per farlo senza alcuna pressione». Del resto, «qualsiasi siriano o chiunque cerchi protezione internazionale deve poter accedere alle procedure di asilo e che la sua domanda venga esaminata in modo completo e individuale nel merito».

Questo in risposta al fatto che diversi politici europei stanno già prefigurando il ritorno in patria dei rifugiati siriani attualmente presenti sul continente europeo asap, il più presto possibile, come si dice in inglese (as soon as possible). Il governo italiano ha sospeso, così come altri 12 Stati membri dell’Unione europea (Ue) il trattamento delle domande di asilo di profughi siriani (Austria, Belgio, Croazia, Francia, Germania, Grecia, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca e Svezia), così come altri Paesi europei (Norvegia, Regno Unito e Svizzera). L’Ue non ha ancora assunto una posizione comune; la Commissione europea è a favore dei rientri volontari dei siriani, ma i membri dei governi europei sono ancora indecisi sul da farsi, sebbene esponenti di estrema destra vogliano accelerare i tempi. Ma Filippo Grandi, commissario dell’UNHCR, ha osservato che «saranno necessarie pazienza e vigilanza prima che si possa arrivare a ritorni volontari, sicuri e sostenibili».

L’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Kaja Kallas, pur non volendo entrare nelle procedure di asilo, ha manifestato «l’auspicio che se non ci sono più le condizioni che avevano portato alla concessione dell’asilo, potremmo alleggerire il carico che grava sull’Europa». Nel 2023 sono state circa 183 mila i rifugiati provenienti dalla Siria che hanno presentato domanda di asilo nell’Ue. Tra questi, 12 mila rifugiati siriani erano stati ospitati dall’Italia, su un totale di 63 mila rifugiati (la seconda nazionalità subito dietro quelli provenienti dal Bangladesh).

Il ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani, ha dichiarato che «il governo italiano ha sospeso temporaneamente i visti di asilo dalla Siria per vedere che cosa succede: non abbiamo in questo momento rischi di immigrazione irregolare o terroristico, ma occorre vigilare perché le cose possono cambiare da un momento all’altro». Egli ha osservato che «non ci sarà esodo senza una guerra civile, in questo momento c’è anzi voglia di rientro in Siria», ma è necessario «essere pragmatici: è finita una dittatura, ed è una fine che segna la sconfitta di Iran e Russia che la sostenevano; ora arrivano al potere forze che sono diverse tra loro, ma il leader ha lanciato un messaggio di moderazione: nessun velo per le donne, amnistia per i militari di Assad e sembra che voglia dialogare con il resto del mondo».

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che «il crollo del regime di Assad offre nuove speranze al popolo siriano, ma questo momento di cambiamento comporta anche rischi e difficoltà; dato che la situazione sul campo è così instabile, il nostro aiuto al popolo siriano è ancora più importante. Per questo motivo abbiamo aumentato i finanziamenti umanitari per quest’anno, portandoli a oltre 160 milioni di euro. Stiamo inoltre aprendo un ponte aereo umanitario per forniture essenziali, come cibo, medicinali e rifugi».

Infatti, la Commissione europea ha aperto un ponte aereo umanitario verso la Siria per le persone più bisognose, al fine di fornire assistenza sanitaria di emergenza e altre forniture essenziali. I voli umanitari finanziati dall’Ue porteranno dalle scorte europee a Dubai un totale di 50 tonnellate di forniture sanitarie ad Adana, in Turchia, da dove nei prossimi giorni verranno distribuite attraverso la frontiera. Altre 46 tonnellate di prodotti sanitari, educativi e rifugi provenienti da un’altra scorta dell’UE in Danimarca saranno trasportate ad Adana e consegnate all’Unicef e all’Organizzazione mondiale della sanità, che le distribuiranno in Siria. La Commissione ha inoltre mobilitato altri 4 milioni di euro per far fronte alle esigenze più urgenti, portando il sostegno umanitario totale a 163 milioni di euro nel 2024.

Quasi 14 anni di guerra hanno costretto i siriani ad affrontare spostamenti di massa, una diffusa insicurezza alimentare, infrastrutture fatiscenti, declino economico e malattie, con circa 16,7 milioni di persone che hanno bisogno di assistenza. Anche le crescenti ostilità in Libano hanno peggiorato la situazione, spingendo oltre 560 mila persone ad attraversare il confine con la Siria per fuggire dal conflitto. In questi anni, l’Ue e i suoi Stati membri hanno mobilitato oltre 33,3 miliardi di euro in aiuti umanitari, allo sviluppo, economici e di stabilizzazione, sostenendo i siriani sia all’interno del Paese che in tutta la regione.

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